Una molteplicità di meccanismi presiede all'instaurarsi della tolleranza nei
confronti delle sostanze psicoattive, ma le reali cause di questa forma di
adattamento dell'organismo rimangono ancora non completamente spiegate. Dal
punto di vista farmacologico il concetto di tolleranza implica, com'è noto, una
progressiva perdita di efficacia della sostanza a parità delle dosi utilizzate.
La tolleranza insorge in relazione alla ripetuta esposizione dell'individuo alla
sostanza (tolleranza cronica) ma sono descritti anche meccanismi che
condizionano l'instaurarsi acuto della stessa (Wang and Ho, 1994).
Tolleranza agli oppiacei
Tra i meccanismi biologici della tolleranza agli oppiacei, uno dei principali
sembra si possa attribuire al venir meno dell'accoppiamento tra il recettore
oppioide e la proteina G (guanine nucleotide binding protein), struttura che
consente di trasferire all'interno della cellula gli effetti del legame
recettoriale con gli oppioidi (Liaw et al., 1996).
Il mancato accoppiamento con la proteina G appare essere più funzionale che
fisico, risultando in una perdita della capacità, da parte della proteina G, di
scambiare le molecole dell'energia guanosina-difosfato con guanosina-trifisfato
(Collin e Cesselin, 1991). L'alterazione della G proteina si associa alle vere e
proprie caratteristiche comportamentali della tolleranza cui invece non sembrano
corrispondere le alterazioni della sensibilità dei recettori oppioidi: infatti
una down regolazione dei recettori oppioidi può avvenire dopo che la tolleranza
si è già instaurata, indicando come la sensibilità recettoriale in sè non sia
imprescindibilmente connessa con la tolleranza. In ogni caso è stata descritta
una grande variabilità dei meccanismi recettoriali nell'instaurarsi della
tolleranza in relazione alle diverse tipologie di recettori oppioidi ((, (
etc.).
Il trattamento a lungo termine con la morfina produce una vera e propria
desensibilizzazione e down-regolazione recettoriale che appare cruciale, secondo
recenti studi, nello sviluppo della tolleranza per gli oppioidi (Borgland 2001).
Altri meccanismi di neuro-adattamento all'uso cronico degli oppioidi comportano
una up- regolazione della via dell'AMPciclico, sebbene non sia ben chiaro come
in ultima analisi tale incremento di attività si traduca in un meccanismo di
tolleranza. In ogni caso la desensibilizzazione si immagina avvenga in relazione
al mancato accoppiamento tra il recettore e la proteina G, di cui si è detto, a
cui fa seguito un'internalizzazione del recettore stesso da parte della membrana
cellulare. Questo processo avviene già pochi minuti dopo l'esposizione
all'agonista e comporta una fosforilazione delle "loops" (cioè delle
anse) intracellulari del recettore attivato, con conseguente riduzione di
efficacia della sostanza agonista oppioide.
Il livello di sodio intracellulare condizionerebbe, secondo alcuni, lo sviluppo
della tolleranza agli oppiacei: la riduzione della attività Na- K- ATPasi
indotta dai morfinici sarebbe implicata nello sviluppo della tolleranza e
connessa con le alterazioni recettoriali di cui si è parlato (Brase, 1990).
Da ultimo occorre ricordare che la complessità estrema delle relazioni tra
recettori oppioidi diversi, le interazioni e le reazioni crociate, rendono
difficile investigare i meccanismi associati allo sviluppo della tolleranza: il
fenomeno della dimerizzazione che coinvolge recettori oppioidi di tipo diverso
può ottenere reazioni sinergiche o interferenze di agonisti per un tipo di
recettore sui recettori di un altro tipo (Jordan et al., 2000; Gomes et al.,
2000).
Tolleranza alla cocaina
Utilizzando meccanismi di discriminazione e di auto-stimolazione nell'animale da
esperimento è stato dimostrato l'insorgere dalla tolleranza per la cocaina già
una settimana dopo l'assunzione cronica della stessa. L'instaurarsi della
tolleranza dipende dalle dosi di cocaina impiegate, dalla durata del periodo di
assunzione e dalla frequenza dell'uso: in generale il meccanismo sottostante
questo effetto può coinvolgere una attenuazione assoluta o relativa della
risposta di dopamina alla cocaina nel nucleo accumbens dopo l'esposizione
ripetuta (Hammer et al., 1997). In questa fase di tolleranza alla cocaina anche
le vie afferenti ed efferenti del nucleus accumbens mostrano una ridotta
attività metabolica. Allo stesso modo, una attenuazione della risposta del gene
che codifica per il recettore dopaminergico, indotta dalla cocaina, può essere
correlata a una desensibilizzazione recettoriale dei D1 recettori. I meccanismi
di adattamento intracellulare all'esposizione alla cocaina comprendono anche
l'espressione genica della sintesi di dinorfina, capace, in quanto sostanza
oppioide, di modulare e ridurre le risposte comportamentali alla successiva
assunzione di cocaina (Hammer et al., 1997). Sicchè un insieme di meccanismi
farmaco-dinamici, in associazione con la diminuita risposta di dopamina,
contribuiscono allo sviluppo della tolleranza per gli effetti gratificanti della
cocaina.
Secondo altri studi il release della dopamina nell'accumbens indotto dalla
cocaina sarebbe mediato attraverso una azione della stessa sui recettori 5HT3
per la serotonina, e la reiterata esposizione alla cocaina indurrebbe una
down-regolazione dei recettori serotoninergici 5-HT3, costituendo un altro
meccanismo capace di spiegare l'instaurarsi della tolleranza (Matell and King,
1997). I recettori 5-HT3 sarebbero implicati anche nella sensibilizzazione
comportamentale alla cocaina, i cui meccanismi non sono mai stati spiegati in
modo esauriente (King et al., 2000).
La deplezione delle monoamine cerebrali, indotta da una protratta inibizione del
transporter della dopamina e delle catecolamine, può indurre la tolleranza,
congiuntamente a cambiamenti della sensibilità recettoriale post-sinaptica che a
loro volta modulano le risposte alla cocaina: il transporter della dopamina
andrebbe incontro a un adattamento indotto dall'esposizione alla cocaina che
sarebbe capace di sostenere il binge per la cocaina stessa. Infatti il soggetto
tenta di superare la soglia della tolleranza utilizzando dosi elevate della
sostanza (Little et al., 1993).
Altri meccanismi neuro-ormonali possono produrre quella condizione che viene
definita tolleranza inversa, o sensibilizzazione alla cocaina, che ancora non è
stata completamente chiarita: una up-regolazione temporale dei recettori D1
potrebbe spiegare il fatto che la reiterata esposizione alla sostanza
addirittura aumenti la sensibilità alla stessa, piuttosto che attenuarla
(Unterwald et al., 1994).
La tolleranza inversa è estremamente importante nel ridurre la
"maneggevolezza" della cocaina: infatti il cocainomane dovrà aumentare
continuamente le dosi per ottenere gli effetti attesi dalla cocaina, a causa
della tolleranza diretta, ma a concentrazioni sempre più ridotte vedrà comparire
effetti indesiderati quali nervosismo, irritabilità, tachicardia, agitazione
psicomotoria e disforia, in relazione alla tolleranza inversa.
La sensibilizzazione alla cocaina sarebbe sostenuta da un meccanismo
post-sinaptico, un incremento appunto della relazione tra dopamina e recettore
D1, con aumento della attività della adenilciclasi nel nucleo accumbens (Sala et
al., 1995). Nell'animale da esperimento non sarebbero state escluse implicazioni
del sistema oppioide nello sviluppo di tale sensibilizzazione, essendo il
naltrexone capace di contrastare le capacità di rinforzo della cocaina.
La tolleranza inversa, o sensibilizzazione all'effetto della cocaina,
sosterrebbe il meccanismo del priming: una volta instauratasi, questa
sensibilizzazione appare essere mantenuta da meccanismi biochimici di lunga
durata, costituendo le basi per lo scatenamento del condizionamento
all'assunzione di cocaina anche a una certa distanza dall'interruzione della
sostanza additiva (Paul et al., 1995). Secondo questi studi la espressione del
gene c-fos indurrebbe il cambiamento della relazione tra dopamina e recettore
dopaminergico.
La "cascata" della sensibilizzazione alla cocaina comporta dunque una
attivazione del recettore D1, relativa a un intenso incremento della secrezione
di dopamina, seguita da una attivazione della adenilciclasi, un aumento
dell'AMPciclico, l'attivazione della protein-kinasi A e i conseguenti processi
di fosforilazione (Ujike, 2001). L'altra via della sensibilizzazione alla
cocaina comprende l'attivazione dei recettori NMDA, con aumentato release di
glutamina, aumentata concentrazione intracellulare di Ca-ioni, formazione del
complesso Ca-calmodulina, e la fosforilazione di alcune proteine. Sono evidenti
le attivazioni di geni specifici che presiedono a questi processi di
sensibilizzazione alla cocaina: una sorta di neuroplasticità del cervello
esposto alla cocaina che modifica la sua funzione a partire da espressioni
geniche nucleari.
Il sistema oppioide k sembra a sua volta essere responsabile della tolleranza
alla cocaina: alterazioni dell'espressione del gene che codifica per la
dinorfina e del gene dei recettori k sono state documentate in soggetti esposti
alla somministrazione cronica di cocaina (Kreek, 1996).
Tolleranza alle benzodiazepine
Da ultimo anche per le benzodiazepine sono oggi riconosciuti i meccanismi
biologici che conducono allo sviluppo della tolleranza. L'utilizzo di
flumazenil, debole agonista parziale dei recettori per le benzodiazepine,
impiegato in un ruolo pratico di antagonista in terapia, comporta una crisi
astinenziale nel soggetto esposto alle benzodiazepine soltanto sino a sette-otto
giorni: in seguito, già a 14 giorni, il flumazenil perde la sua capacità di
scatenare astinenza; i recettori per le benzodiazepine mostrano una alterazione
funzionale con l'instaurarsi della tolleranza (Griffiths et al., 1993).
Che cosa accada nel complesso gabaergico esposto per un periodo protratto alle
benzodiazepine sembrano spiegarlo alcuni studi che hanno evidenziato una perdita
dell'accoppiamento tra sito di legame delle benzodiazepine stesse e sito di
legame del GABA: il binding (legame) delle BZD sensibilizzava in una condizione
di accoppiamento funzionale il recettore Gabaergico con la conseguenza
dell'efficacia delle BZD a produrre gli effetti attesi; al momento in cui per
ragioni steriche l'accoppiamento viene meno, il legame di alte dosi di BZD perde
la sua efficacia e si viene a manifestare la condizione della tolleranza (Klein
et al., 1994; Friedman et al., 1996). Tra questi studi emerge la capacità del
flumazenil di produrre un vero e proprio "reset" del recettore
Gabaergico con il reinstaurarsi del copling tra sito del GABA e il sito delle
BZD e il ripristino della sensibilità alle BZD che, in ultima analisi, significa
il venir meno della tolleranza.
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