Analogamente le risposte ormonali allo stress fisico (66% del carico
massimale, step test) sono state trovate in relazione con l'ansia e la
frustrazione in adolescenti di 14 anni: in questo campione di adolescenti i
soggetti maschi con frustrazione e ansia presentavano ridotte risposte in
catecolamine, mentre nei soggetti di sesso femminile le risposte noradrenergiche
erano più intense rispetto ai controlli (Gerra et al., 1993)
Oltre alla conferma, fornita da questo studio, riguardo alle possibili differenze
nell'assetto neuroendocrino associato con l'ansia e la frustrazione che può
predisporre all'abuso di sostanze, emergono interessanti indicazioni sulle
differenze di genere così incidenti nella storia delle dipendenze patologiche.
Fig 49
Differenti modalità di adattamento allo stress, quando lo stimolo stressante
viene reiterato, sono state individuate in diversi cluster umani. Mentre in alcuni
casi l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene e le catecolamine presentano risposte attenuate
quando lo stress si ripete, altri soggetti non mostrano habituation, cioè una
sorta di assuefazione, allo stimolo stressante già conosciuto in precedenza (Gerra et al., 2000).
Questa reiterata attività dell'asse HPA potrebbe tradursi in quello stato di ipertono
surrenalico osservato nella depressione e produrre inoltre una ridotta funzionalità
del sistema immunitario.
Aggressività, rischio e differenze di genere
A supporto della concezione che evidenzia una specificità di genere rispetto
ai fattori di rischio per i disturbi da uso di sostanze, uno studio prospettico
sottolinea il ruolo che può rivestire per i soggetti di sesso maschile la
presenza di una madre coercitiva e scarsamente affettiva: saranno i soggetti di
sesso maschile a sviluppare i livelli di aggressività più intensi già durante
gli anni della scuola materna. Tale aggressività andrà crescendo nel periodo
scolare (6-10 anni di età) nei soggetti maschi mentre si risolverà
spontaneamente nei soggetti di sesso femminile, forse mediante processi di
internalizzazione (McFayden-Ketchum et al., 1996)
Fig 50
Incapacità a rimandare la fruizione delle gratificazioni
Uno specifico paradigma di laboratorio è capace di misurare già nel bambino
molto piccolo la incapacità di dilazionare la fruizione delle gratificazioni:
questa condizione, con l'incapacità ad attendere i risultati, la intolleranza
alla frustrazione e le difficoltà nella progettualità, sembra essere correlata
con la sicurezza dell'attaccamento e pare costituire una vera e propria
caratteristica psicologico-comportamentale dei disturbi da uso di sostanze (Jacobsen et al., 1997)
E'intuitivo comprendere il fatto che un bambino
abituato a condizioni di attaccamento sicuro sappia rimandare con tranquillità
la fruizione delle gratificazioni, senza timore di essere deprivato dell'oggetto gratificante.
Fig 51
La capacità a dilazionare la fruizione delle gratificazioni misurata in
bambini di 4 anni può predire lo sviluppo di maggiori competenze sociali e
cognitive, migliori performance scolastiche, capacità di adattamento alla
frustrazione e allo stress, capacità razionali e attentive, maggiore fluidità
verbale, più strutturata progettualità: è evidente che la relazione con gli
oggetti non immediata e concreta induce alla concettualizzazione e alla capacità
di astrazione, con la conseguenza di un importante avamposto per lo sviluppo
delle capacità cognitive (Mischel et al., 1988; 1989)
Fig 52
I bambini iperattivi, studiati molto precocemente, appartengono proprio a
quella popolazione che sembra dilazionare con difficoltà la fruizione del
piacere (Rapport et al., 1986; Schweitzer et al., 1995), documentando in questo
modo ancora maggiormente la sostanziale condizione di rischio che questi bambini
vivono prima dell'incontro con le droghe
Fig 53
Uno specifico modello per la misurazione di questa difficoltà del tollerare
la frustrazione dell'attesa, nonchè i Iivelli di impulsività nell'adulto, è
fornito dal paradigma "Discounting model of impulsiveness": elevati
livelli di impulsività e scarsa capacità di attesa sembrano essere un vero
marker per la tossicodipendenza (Kirby et al., 1999)
Fig 54
Fattori di rischio e di protezione
Tra i fattori protettivi che possono giocare un ruolo fondamentale nel
ridurre la vulnerabilità per i disturbi da uso di sostanze occorre annoverare in
primo luogo condizioni di attaccamento materno sicuro e organizzato, con una
forte interazione madre-bambino. L'attaccamento parentale stabile, la ricchezza
delle capacità genitoriali e l'integrità della famiglia funzionano come
importanti elementi protettivi (Sloboda et al., 1997).
Persino la condizione che conduce agli adolescenti a semplicemente "sperimentatori"
di droghe, senza che questo comporti una vera e propria evoluzione nei disturbi
da uso di sostanze, sembra essere preceduta da specifici fattori valutati attraverso
gli studi prospettici diversi anni prima dell'incontro con le droghe. Un più alto
coefficiente di stress, difficoltà di adattamento, attitudini verso la devianza,
scarso supporto parentale e ridotto controllo degli impulsi sono stati individuati
come condizioni preesistenti per la disponibilità a provare le sostanze d'abuso
in una popolazione di bambini testati molto precocemente (Wills et al., 1996)
Fig 55
Fig 56
Fattori protettivi in ambito educativo
Nell'ambito educativo si evidenzia un modello educativo che appare essere
particolarmente protettivo ad una verifica
sperimentale: questo atteggiamento, definito "authoritativeness",
comprende una elevata accettazione del bambino, una supervisione con
monitoraggio costante e una gratificazione dell'autonomia psicologica (Steinberg et al., 1992)
Questo modo così articolato e approfondito di costruire il
rapporto d'autorità all'interno della relazione genitore-figlio, cioè
l'"authoritative parenting", ha mostrato importanti ripercussioni
sulla condizione evolutiva dei bambini: il successo scolastico e la
strutturazione dell'identità del bambino sembrano essere connesse strettamente
con la strategia educativa di cui si è parlato.
Fig 57
Lo stile genitoriale caratterizzato dalla "authoritativeness"
induce maggiori competenze sociali e scolastiche nel bambino, e in correlazione
a queste una ridotta intenzione di utilizzare il tabacco, ridotti livelli di
iniziazione e di disponibilità a sperimentare la nicotina (Jackson et al.,
1994): se si considera quanto il fumo di tabacco rivesta il ruolo di una gateway
drug, appare importantissima questa relazione tra le competenze dell'adolescente
e la "resilience" nei confronti della nicotina, favorita da una
adeguata genitorialità (Jackson et al., 1994)
Fig 58
Quattro tipologie di famiglie, caratterizzate da 4 strategie educative
differenti, sono state studiate in relazione all'esito ottenuto sul
comportamento e sugli aspetti intrapsichici degli adolescenti: lo stile
parentale con intensa accettazione, supervisione e gratificazione dell'autonomia
psicologica corrisponde al quadro con minori disturbi comportamentali e maggiori
competenze psicosociali. Nella famiglia autoritaria il soggetto adolescente
mostra un adeguamento formale alle norme dettate dal mondo adulto, ma una povera
concezione di sè. Nella famiglia indulgente si sviluppa una condizione di
autostima eccessiva accompagnata da senso di onnipotenza, problemi nel
comportamento a scuola e assunzione di sostanze psicoattive. Infine nella
famiglia negligente, all'opposto di quella con una buona genitorialità, si
manifestano maggiori problemi comportamentali e minori competenze psicosociali
(Lamborn et al., 1991)
Fig 59
Gli elementi educativi nell'ambito familiare sono stati dimostrati come essenziali
al rischio o alla protezione nei confronti delle problematiche che costituiscono
il quadro predittivo delle dipendenze: infatti una stretta associazione tra bassi
livelli di disciplina e severità da parte dei genitori e lo sviluppo dei disturbi
esternalizzati è stata messa in luce da studi epidemiologici (Feehan et al., 1991).
Fig 60
Più estensivo e completo appare l'elenco dei fattori di rischio e di quelli
protettivi sintetizzato dal National Institute on Drug Abuse (NIDA): tale elenco
è stato stilato in relazione ad accurati studi epidemiologici che hanno
documentato la capacità di incidere dei fattori considerati su coorti di bambini
e di adolescenti. In particolare gli studi prospettici hanno permesso di meglio
identificare i percorsi evolutivi del rischio e della "resilience".
(Sloboda and David, 1997)
Fig 61
Proprio sulle condizioni di rischio elencate, e sui possibili fattori
protettivi, si potrebbero costruire nella scuola specifiche strategie educative,
che escano da un generico e superficiale concetto di "star bene a
scuola". Utilizzando appieno le opportunità offerte dai curricola, cioè dal
contenuto delle materie di cui gli insegnanti dovrebbero riassumere
consapevolezza, insieme con le nuove occasioni insite nelle attività
extra-curricolari della scuola dell'autonomia, si potrebbero disegnare forti
strategie, con continuità dalla scuola materna a tutta la scuola dell'obbligo: le figure
Fig 62
Fig 63
Fig 64
indicano alcune tra le più importanti tra queste essenziali
strategie pedagogiche, quali l'educazione a fruire della quotidianità,
l'educazione al senso di appartenenza, la polarizzazione dell'aggressività sulle
idealità forti.
Infine la necessità di un rapporto intenso con gli adolescenti per
rinforzare la identità dell'io viene indicata dallo studio di Allen (Allen et
al., 1994), che suggerisce l'opportunità di mettere alla prova la autonomia e la
capacità relazionale degli adolescenti in un clima di sfida. Attraverso questa
sfida con gli adulti l'adolescente ha l'opportunità di una vera e propria
palestra per la sua crescita interiore
Fig 65
Lo stile che deve essere utilizzato nel rapporto con il bambino al fine di
favorire lo sviluppo della identità socio-morale, l'autonomia, le competenze e
la refrattarietà rispetto all'assunzione di sostanze psico-attive è quello
"induttivo", rispetto a quello delle imposizioni fondate sui divieti
"negative power style" (Sepùlveda et al., 1991)
Fig 66
Le strategie educative adeguate e mirate possono indurre cambiamenti nel
bambino, quando attuate con appropriatezza e continuità, tali da realizzare
concrete barriere protettive contro le droghe: questi cambiamenti si fondano
verosimilmente sulla possibilità di rimodulare addirittura l'assetto
neuroendocrino dei bambini, e in particolare dei bambini più difficili, non
utilizzando farmaci, ma forti esperienze e relazioni educative. La tabella 66
mostra in modo semplificato e "scolastico", senza la pretesa
di scientificità, possibili relazioni tra la modulazione di sistemi
neuro-ormonali, comportamenti e percezioni correlati, e le strategie mirate
della prevenzione dell'abuso di sostanze.
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