Problematiche della prima infanzia
Ad assumere un peso importante riguardo al rischio dei disturbi
comportamentali che preesistono allo sviluppo delle dipendenze è quella
condizione di stabilizzazione e continuità che si può rilevare nei bambini
aggressivi e con scarsa compliance: il bambino aggressivo tra i 12 e i 24 mesi e
caratterizzato da un comportamento problematico nelle relazioni con i genitori
mostrerà problematiche psicologico-comportamentali tra 36 e 60 mesi con una vera
e propria "cristallizzazione" del quadro psicosociale. (Keenan et al.,1998).
Fig. 19
Si tratta di un bambino che diviene ben presto bambino
impopolare, per i piccoli compagni e per l'insegnante, in qualche modo legato a
una sua immagine indelebile di soggetto antisociale e inaccettabile (Cohn, 1990).
Al momento in cui un bambino viene al mondo l'impatto dei fattori ambientali
circostanti è estremamente incisivo particolarmente durante i primi 36 mesi di
vita: si tratta di una fase delicata almeno quanto la gravidanza, con una
condizione di plasticità delle strutture della personalità che viene
"impressionata" in modo difficilmente reversibile. In un setting
sperimentale le osservazioni effettuate sui genitori intenti a giocare con il
bambino all'età di 6 mesi rivelano che la ostilità tra i genitori è capace di
predire una riduzione dell'attaccamento madre-bambino nell'epoca della scuola
materna. Più consistenti conflitti tra i genitori all'età di 3 anni erano
associati a un mancato atttaccamento sia nei confronti del padre che della madre (Frosch et al., 2000).
Fig. 20
>Sembra quindi che in questa primissima fase dell'infanzia il bambino, che ancora non
mostra capacità linguistiche e cognitive tali da comprendere consapevolmente le relazioni tra i
genitori, sappia intuire in modo estremamente intenso e vivido la natura dei contatti interpersonali che lo circondano.
Fig. 21
Un deficit di dopamina beta-idrossilasi, enzima chiave negli equilibri delle
monoamine cerebrali, è stato documentato in relazione al disturbo della condotta
in adolescenti esposti a negligenza e abuso da parte dei genitori: la riduzione
dell'enzima appare particolarmente significativa nei soggetti che hanno subito
le condizioni ambientali difficili nell'età più precoce, cioè entro i primi 36
mesi di vita. Tale osservazione mostra quanto, rispetto alle condizioni
genetiche che possono aver determinato l'atteggiamento dei genitori e
influenzato il comportamento dei bambini, gli elementi relazionali e sociali
siano capaci di pesare sull'assetto biochimico del cervello (Galvin et al.,
1991; 1995; 1997; Gabel et al., 1993). Ancora una volta gli equilibri delle
monoamine cerebrali, così coinvolti nella vulnerabilità per le dipendenze e
nello sviluppo dei disturbi psichiatrici, appaiono fortemente correlati con
interferenze ambientali psico-sociali: le relazioni interpersonali problematiche
possono indurre "ferite" biochimiche, soprattutto nella fase più
precoce dell'infanzia, così come le relazioni educative e le relazioni affettive
positive sono verosimilmente capaci di produrre un assetto neuroendocrino e psichico protettivo.
Fig. 22
Fig 23
Altri interrogativi riguardo al percorso di rischio che può determinare la
vulnerabilità di un adolescente rispetto ai disturbi da uso di sostanze vengono
dalle osservazioni che alcuni bambini sembrano essere "invulnerabili"
di fronte a condizioni ambientali estremamente difficili: tale situazione
protettiva è definita "resilience" e non è pienamente interpretata da
parte della comunità scientifica. A parità di difficoltà relazionali, sociali, e
nonostante la possibile predisposizione genetica, un bambino può non andare
incontro a conseguenze comportamentali a rischio, probabilmente grazie al
verificarsi di concatenazioni protettive sostenute da diversi cofattori, spesso
non del tutto evidenti o facili da analizzare (Knutson et al., 1995).
Fig 24
In ogni caso, analizzare i fattori di rischio per le dipendenze non appare
esercizio meccanicistico e definizione di percorsi obbligati, orientati a
destinazioni ineluttabili, ma piuttosto comporta la difficile comprensione di
intrecci sottili, di interferenze sub-cliniche leggibili con un approccio transdisciplinare.
Disturbi dell'infanzia quali condizioni di rischio per lo sviluppo delle dipendenze
Disturbo della condotta
Il vero e proprio disturbo della condotta, con il comportamento trasgressivo
e violento che lo caratterizza, è strettamente connesso con la disponibilità a
sperimentare le sostanze ed è stato posto in relazione a impegnative alterazioni neuroendocrine.
Secondo lo studio di Dunedin (Arseneault et al., 2000) i bambini aggressivi in una fase precoce,
precedente la scuola, mostreranno una stabilizzazione del comportamento aggressivo, in assenza
di un adeguato trattamento, e un ricorso alle sostanze d'abuso e all'alcool nella grande maggioranza.
Il disturbo della condotta stato posto in relazione a impegnative alterazioni neuroendocrine:
l'MHPG, catabolita delle catecolamine a livello centrale, sembra
aumentato in questi soggetti soprattutto nella fase prepuberale, mentre l'acido
omovanillico (HVA), che rappresenta il turnover metabolico della dopamina,
risulta ridotto nel disturbo della condotta rispetto ai soggetti normali (Gabel et al., 1993).
Fig 25
Il comportamento aggressivo è stato rilevato in associazione con
alterazioni biologiche che a loro volta possono costituire una componente
importante della vulnerabilità per le dipendenze: un elevato tono noradrenergico
e una funzione serotoninergica deficitaria sembrano essere i correlati biologici
fondamentali dell'aggressività (Zuckerman, 1990; Netter et al., 1996; Virkkunen and Linoilla 1997)
Sempre in nostri studi è stata documentata una
correlazione significativa tra valori basali di noradrenalina e il punteggio
della irritabilità al test Buss Durkee Hostility Inventory (Gerra et al., 1996)
I livelli di aggressività misurati in condizioni sperimentali in
laboratorio umano, utilizzando la metodologia di Cherek (Cherek et al., 1992),
mostrano una consistente relazione con le catecolamine nei soggetti normali (Gerra et al., 1997)
E ancora le catecolamine rispondono in modo
sensibilmente diverso allo stress psicologico sperimentale negli adolescenti in
fase peripuberale caratterizzati da differenti livelli di aggressività (Gerra et al., 1998)
Fig 26
Fig 27
Fig 28
Fig 29
In relazione al comportamento aggressivo anche altri elementi neuroendocrini
appaiono assumere un andamento caratteristico: la risposta di ACTH, Cortisolo e
GH allo stress psicologico non è dissimile da quella delle catecolamine, con una
reazione meno consistente nei soggetti adolescenti meno aggressivi; i soggetti
con aggressività più elevata presentano valori già elevati di base anche per ciò
che concerne il testosterone; una risposta marcata di PRL, al contrario, è stata
rilevata nei soggetti ad aggressività ridotta che può corrispondere al basso
tono delle catecolamine
Fig 30
Fig 31
Fig 32
Disturbo dell'attenzione con iperattività
Il deficit d'attenzione con iperattività (ADHD), come si è già detto,
considerato una condizione a rischio per i disturbi da uso di sostanze con
diverse evidenze ottenute negli studi prospettici, compare in una notevole
frequenza anche retrospettivamente se si studiano i pazienti tossicodipendenti:
un recente studio sugli eroinomani rivela che un 13% hanno presentato questo
disturbo nella storia clinica, con o senza l'associazione con il disturbo della
condotta (Modestin et al., 2001).
Secondo studi di Mannuzza (Mannuzza et al., 1998) una differenza significativa
nella frequenza della comparsa della tossicodipendenza è rilevabile se si mettono
a confronto le storie cliniche di bambini iperattivi con quelle di soggetti normali,
anche se la significatività è raggiunta solo nel caso in cui alla iperattività si
associano il disordine della condotta e il comportamento oppositivo.
Fig 33
Molto complesse le cause che possono concorrere allo sviluppo della iperattività
con deficit di attenzione.
Una forte correlazione è stata rilevata
tra abuso fisico e sessuale e lo sviluppo di ADHD, insieme con il disturbo
oppositivo e altre forme di devianza, sempre a ricordare il legame tra possibili
"danni" ambientali e la predisposizione biologica (Ford et al., 2001).
Fig 34
Le caratteristiche biologiche del deficit d'attenzione con iperattività
(ADHD), che possono esse stesse favorire il link tra impiego di sostanze e
condizioni di automedicazione dei disturbi preesistenti alla droga, comprendono
un deficit di catecolamine dalla reticolare al coeruleus in una tipologia di
questi pazienti, in altri al contrario eccessivi livelli di catecolamine; altri
studi hanno messo in evidenza elevate concentrazioni del transporter per la
dopamina capaci di causare ridotti livelli di dopamina intrasinaptica
(extracellulare): il metilfenidato, farmaco amfetamino-derivato che ha mostrato
buoni risultati clinici nei bambini iperattivi, sembra essere capace di
normalizzare la concentrazione del transporter della dopamina. Altri Autori
infine hanno segnalato serie alterazioni dell'asse HPA in risposta allo stress
negli iperattivi, fatto che potrebbe essere sempre condizionato da cambiamenti
dell'assetto monoaminergico (Ernst et al., 2000)
Fig 34
Non è difficile ipotizzare come la cocaina, o gli amfetamino-derivati
illegali (ecstasy e metamfetamine) possano essere assunti dagli iperattivi nel
tentativo di supportare il deficit noradrenergico descritto pocanzi, oppure in
relazione alla loro precipua azione sul transporter della dopamina, con
risultati inizialmente non dissimili da quelli ottenuti con il metilfenidato.
Questo può spiegare la elevata percentuale di iperattivi, rispetto alla
popolazione generale, che imboccano la strada delle dipendenze da sostanze
(Mannuzza et al., 1998) seguendo in realtà un percorso segnato dalle strategie di automedicazione
Se si vuol riassumere l'insieme delle difficoltà bio-psicosociali relative
al deficit di attenzione con iperattività, disturbo così strettamente connesso
con il possibile sviluppo delle dipendenze, si devono considerare diverse condizioni
a partire dagli elementi genetici, i fattori predittivi ambientali e familiari,
gli aspetti sociali e addirittura forme di disfunzione neurologica a carico del lobo
frontale (Faraone e Biederman, 1998)
Fig 35
L'assetto temperamentale: la ricerca della novità
Gli stessi tratti temperamentali, come inquadrati da Cloninger (Cloninger,
1987), possono prestare il fianco, in particolari combinazioni con gli elementi
del carattere, al rischio per i disturbi da uso di sostanze. Necessitare di
emozioni sempre nuove, di sensazioni forti, aver bisogno di stimoli al di fuori
della quotidianità, rappresenta quel tratto "novelty seeking" che,
insieme con una ridotta propensione a evitare il pericolo e con una bassa
"cooperativeness", espone gli adolescenti ad un maggior rischio per la
droga e per l'alcool. Quando l'atteggiamento temperamentale diviene più estremo
va assumendo il carattere del vero e proprio disturbo: la semplice ricerca di
novità e sensazioni forti si realizza attraverso l'esposizione al rischio, a
condizioni in qualche modo tutte auto-distruttive, "risk taking" che
accomunano le dipendenze patologiche e il tratto ipodopaminergico cui si è
accennato precedentemente. Le alterazioni neuroendocrine associate al
temperamento novelty seeking sarebbero condizionate da polimorfismi genetici che
coinvolgono i recettori dopaminergici, il transporter della serotonina e la
sintesi delle catecol-orto-metil transferasi (Benjamin et al., 2000).
Fig 37
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