Le difficoltà a studiare le alterazioni neuroendocrine indotte dall'ecstasy
comprendono il problema di contattare e individuare campioni di soggetti esposti
prevalentemente all'MDMA: gli studi di McCann (1994) non sono del tutto
attendibili avendo preso in considerazione soggetti con pesante abuso multiplo
di sostanze (cocaina, LSD, benzodiazepine etc), e non potendosi attribuire le
alterazioni neuroendocrine rilevate alla ecstasy in sè, ma piuttosto
all'esposizione a un insieme di sostanze.
Nostri studi su un campione più omogeneo di consumatori di MDMA con una
spiccata preference per l'ecstasy, e che erano stati esposti anche all'alcool e
alla cannabis in modo episodico, mostravano una mancata risposta in prolattina e
cortisolo all'agonista serotoninergico d-fenfluramina, supportando l'ipotesi,
almeno in relazione a specifiche aree del cervello, di un impairment del sistema
della serotonina nella fase precoce dopo la sospensione delle sostanze (Gerra et
al., 1998a). Un campione di consumatori studiati dopo 12 mesi di astinenza
dall'ecstasy mostravano nuovamente una parziale disfunzione del sistema
serotoninergico, persistente dopo un anno, con la mancata risposta di PRL alla
d-fenfluramina e il ripristino della risposta del cortisolo all'agonista
serotoninergico (Gerra et al., 2000). In questi soggetti emergevano tratti
temperamentali specifici ed evidenti problematiche del tono dell'umore: i
consumatori erano più aggressivi dei soggetti di controllo, con incrementati
punteggi al Buss Durkee Hostility Inventory, avevano un punteggio elevato di
novelty seeking al Threedimensional Personality Questionnaire (Cloninger et al.,
1987) e presentavano una condizione di depressione misurabile sia clinicamente
che con la scala di Hamilton.
Le risposte al test serotoninergico erano inversamente correlate con i livelli
di aggressività a tre settimane dalla sospensione di ecstasy così come
significativa risultava la correlazione negativa tra funzione serotoninergica e
temperamento novelty seeking.
A 12 mesi dalla sospensione di MDMA i tratti temperamentali continuavano a
correlare con la risposta serotoninergica, come ci si poteva aspettare
trattandosi di condizioni stabili e geneticamente determinate; al contrario la
aggressività si era ridotta e non presentava più la correlazione osservata a 3
settimane di astinenza con il quadro neuroendocrino; persistevano invece i
disturbi del tono dell'umore.
Se da un lato questi risultati indicano la possibilità di alterazioni
neuro-ormonali e cliniche a lungo termine, dall'altro alcuni disturbi appaiono
reversibili, lasciando ipotizzare che si tratti di sintomi direttamente indotti
dagli effetti farmacologici dell'ecstasy. Per ciò che concerne i disturbi
persistenti, e il deficit serotoninergico a lungo termine associato, non è
possibile escludere che non fossero presenti, almeno in parte, prima
dell'assunzione dell'ecstasy: si potrebbe trattare di una condizione
psicobiologica preesistente, caratteristica degli adolescenti con problemi
psichici e comportamentali, tali da aver essi stessi condizionato il ricorso
alle droghe e la preference per l'ecstasy, in un tentativo inconscio di
automedicazione.
In ogni caso, uno studio attuato con un altro agonista serotoninergico, la
m-clorofenil-piperazina, ottiene risultati in pieno accordo con quelli appena
descritti: anche in questo esperimento PRL e cortisolo non rispondono appieno,
come possibile conseguenza della neurotossicità dell'ecstasy (McCann et al.,
1999). Lo stesso gruppo di studiosi fornisce una documentazione evidente delle
alterazioni del sistema serotoninergico associate all'impiego di ecstasy
nell'uomo, utilizzando tecniche di "brain imaging" (McCann et al.,
1998). La PET mostra un deficit sostanziale del transporter della serotonina nei
consumatori di MDMA, senza giungere peraltro a considerazioni conclusive
riguardo alla reversibilità, nè tantomeno alla possibilità che tale condizione
possa preesistere almeno in parte all'impatto con la droga.
Secondo dati in corso di pubblicazione (Gerra et al., in press), il test con
un agonista dopaminergico, la bromocriptina, otterrebbe nei consumatori di
ecstasy una risposta di GH inadeguata, con un ridotto incremento dell'ormone
rispetto a soggetti controllo non esposti all'ecstasy: tale deficit di
sensibilità dopaminergica, verificato nell'uomo a livello del recettore
post-sinaptico, sarebbe connesso con il protratto blocco del transporter della
dopamina descritto ripetutamente nell'animale da esperimento esposto all'ecstasy
(Sabol and Seiden, 1998; Metzger et al., 1998; Colado et al., 1999; Iravani et
al., 2000). Tale blocco del reuptake di dopamina potrebbe a sua volta aver
condizionato un'elevata concentrazione della monoamina a livello intra-sinaptico
(dopamina extra-cellulare), con la conseguente down-regolazione del recettore
post-sinaptico. Anche in questo ambito non è possibile asserire con certezza che
il quadro neuro-ormonale evidenziato sia del tutto riconducibile in termini
causali alla azione farmacologica dell'ecstasy, essendo note le alterazioni del
recettore D2 descritte in relazione alla vulnerabilità per l'abuso di sostanze
(Blum et al., 1995), e le disfunzioni del meccanismo di trasporto della dopamina
associate ai disturbi del tono dell'umore (Laasonen-Balk, 1999) o alla
iperattività con deficit di attenzione (Dougherty et al., 1999), tutte
condizioni che potrebbero aver aperto la strada all'assunzione di ecstasy.
Verosimilmente in relazione alle alterazioni neuroendocrine descritte, un
certo numero di sintomi psichici e di problemi comportamentali sono stati
riportati nei consumatori di ecstasy esposti cronicamente alla sostanza.
Una condizione clinica che comprende irritabilità, apatia, perdita
dell'acuità cognitiva e della memoria, disturbi del tono dell'umore è stata
descritta da Curran e Travill (1997). Una persistente depressione del tono
dell'umore sembra accompagnare i consumatori che fanno un uso più pesante della
sostanza (Morgan et al., 1998; Gamma et al., 2000). Gli stessi sarebbero affetti
da uno stato d'ansia che perdura alla sospensione del farmaco (Verkes et al.,
2001; Parrott et al., 2000) e può giungere a essere invalidante o a
condizionare il ricorso ad altre sostanze psicoattive. Elevati livelli di
impulsività sono stati dimostrati in soggetti che avevano abusato di ecstasy per
periodi prolungati (Morgan et al., 1998b) e, in analogia, gli stessi soggetti
hanno mostrato punteggi elevati alle scale di Zuckerman inerenti in
comportamento alla ricerca di esperienze a forte contenuto emozionale (Zuckerman
et al., 1979). Un nostro studio su un campione più allargato di consumatori,
rispetto ai soggetti inclusi nel protocollo neuro-ormonale, rileva nuovamente
elevati punteggi alla scala per la ricerca di novità (Cloninger TPQ) e
difficoltà nell'adattamento sociale evidenziati con il la scala di Eysenck
(Gerra et al., 1999).
Più elevati livelli di ostilità alla scala SCL-90 sono stati evidenziati da
Parrott et al.,(2000) soltanto nei pazienti che avevano assunto dosi elevate di
ecstasy. Difficoltà della progettualità, dell'attenzione e delle performance
cognitive sono state descritte nei consumatori di ecstasy (Schifano et al.,
1998), insieme con un persistente deficit della memoria, anche in soggetti che
avevano fatto dell'ecstasy solo un impiego ricreazionale (Parrott e Lasky, 1998;
Parrott et al., 1998). E ancora la capacità di apprendimento sembra essere
compromessa dall'ecstasy in conseguenza di una pesante esposizione al farmaco
(Morgan et al., 1998b).
I disturbi del sonno, con una riduzione media del sonno non-REM sembrano
anch'essi affliggere i consumatori di MDMA, con una condizione di agitazione nel
corso del sonno, e di risvegli precoci (Parrott et al., 2000).
Secondo alcuni addirittura MDMA sarebbe capace di indurre condizioni cliniche
estremamente problematiche quali la depersonalizzazione protratta, gli episodi
di euforia alterni al pensiero suicida, forme di anoressia che non recedono alla
sospensione della sostanza (Wodarz e Boning, 1993).
Infine la relazione tra ecstasy e comportamento aggressivo è stata
approfondita in uno studio preliminare in laboratorio umano, verificando
l'aggressività sperimentalmente indotta in consumatori di MDMA astinenti da 3
settimane: gli ecstasy users sono più aggressivi dei controlli normali, e anche
significativamente più aggressivi degli eroinomani, con accentuate risposte alle
provocazioni indotte dal test, durante tutte e tre le sessioni dell'esperimento
(Gerra et al., in press). Le risposte aggressive nei soggetti studiati
correlavano con l'entità della esposizione all'ecstasy, suggerendo che
l'aggressività sia un effetto farmacologico diretto dell'MDMA. Gli ecstasy users
mostravano accentuate risposte in noradrenalina ed adrenalina nel corso della
performance conflittuale sperimentalmente indotta, fatto che può essere
ricondotto con la capacità dell'ecstasy di interferire sulla secrezione e il
transporter delle catecolamine (Rothman et al., 2000; 2001), oppure riferito
alle correlazioni biologiche dell'aggressività nei soggetti studiati (Mayerhofer
et al., 1993). Gli stessi soggetti presentano una risposta ridotta in ACTH e
Cortisolo allo stress durante il confronto conflittuale, ad indicare, anche in
questo caso, una possibile disfunzione dell'asse ipotalamo-ipofisi surrene.
Da più parti è stato ipotizzato che ecstasy possa assumere il ruolo di una
gate-way drug, proprio per il basso costo, la diffusione nel mondo degli
adolescenti senza stigmatizzazioni, la capacità di indurre disturbi, anche
quando utilizzata a livello ricreazionale, favorendo, in individui
caratterizzati dalla vulnerabilità psico-biologica, l'impiego di altre sostanze
per medicare le difficoltà fatte emergere dall'ecstasy. Il fatto che l'ecstasy
venga assunta da soggetti giovani, spesso nel pieno dell'età evolutiva, può
tradursi in un danno, e in una occasione di legame additivo, ancora maggiore:
secondo Laviola (Laviola et al., 1999) la esposizione del topo agli
amfetamino-derivati immediatamente dopo la pubertà induce effetti più
consistenti di quelli misurati nei soggetti adulti: si tratterebbe di una sorta
di iper-sensibilità all'ecstasy connessa anche con le caratteristiche
temperamentali degli adolescenti.
Se si considera inoltre la capacità dell'ecstasy di incrementare il release
di dopamina indotto dalla cocaina (addirittura raddoppiandolo), come documentato
nell'animale da esperimento (Morgan et al., 1998), si può immaginare che i
consumatori possano abbinare le due sostanze per ottenere un potenziamento della
gratificazione.
Occorre da ultimo sottolineare che l'abbinamento con la musica techno, o
comunque con musica molto ritmata, sembra essere l'ambito elettivo in cui i
consumatori fruiscono degli effetti dell'ecstasy: questa associazione può
indurre un sinergismo fondato su elementi biochimici, essendo stati dimostrati
gli effetti neuroendocrini, e in particolare sulle catecolamine, della musica
techno (Gerra et al., 1998b). Si può ipotizzare l'instaurarsi di modificati
stati di coscienza, come avviene nel caso della trance, una sorta di trance
inconsapevole all'interno delle discoteche connessa con la stimolazione
sinergica delle monoamine cerebrali da parte dell'esercizio fisico, della
stimolazione sonora, degli stimoli luminosi, dell'effetto del crowding e in
qualche caso degli amfetamino-derivati. Appare ovvio il rischio di passare da
una trance inconsapevole alla guida di una automobile nelle ore della notte.
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