"Le strategie di prevenzione non possono essere fondate su interventi generici
e autoreferenziali, ma debbono essere strutturate in relazione alla comprensione
delle concatenazioni etiopatologiche sottese allo sviluppo delle dipendenze da
sostanze psicoattive.
Un crescente numero di evidenze consente oggi di identificare condizioni
predittive rispetto ai disturbi da uso di sostanze, elementi che sono stati
indicati nell'ambito di studi prospettici come più frequentemente presenti nei
soggetti a rischio (Ellickson and Morton, 1999;Petraitis et al., 1998) e che
ricorrono assiduamente nella storia dei tossicodipendenti e degli alcolisti (Kay
et al., 1999; Kokkevi et al., 1998; Vukov et al., 1995).
Tali condizioni non sempre si identificano con conclamati disturbi
psichiatrici o ben delineate difficoltà psicologiche, ma, in diversi casi, con
atteggiamenti comportamentali e di "confine" rispetto alle tipologie
temperamentali e del carattere. Tra questi quadri predittivi per lo sviluppo del
comportamento addittivo, si annoverano anche quelli più facilmente presenti in
quella popolazione a rischio costituita dai figli dei tossicodipendenti (Clark
et al., 1999).
Il comportamento aggressivo, con connotazioni di problematicità tali da
condurre alla segnalazione clinica durante la prima infanzia, che assume le
connotazioni sintomatologiche del disturbo della condotta e in seguito della
personalità antisociale, appare fortemente correlato allo sviluppo dei disturbi
da uso di sostanze (Gabel et al., 1999, Fallgatter et al., 1998). Un percorso
psicopatologico e relazionale obbligato raccorderebbe le difficoltà
dell'attaccamento parentale, l'attaccamento mimato, l'atteggiamento intrusivo,
coercitivo o negligente dei genitori con lo sviluppo dell'aggressività
patologica manifestato a 3 - 4 anni, nel tempo della scuola materna (Moffitt,
1993). Di qui un bambino che diviene "impopolare" per i piccoli
coetanei e poi, a volte inconsapevolmente, anche per l'insegnante: con la
conseguenza di una lunga serie di aspettative negative nei confronti del
bambino, che accompagnano e stabilizzano l'aggressività sino alla adolescenza,
in particolare nei soggetti di sesso maschile (Cohn, 1990).
D'altro lato la sindrome con iperattività e deficit di attenzione (ADHD) è
stata annoverata tra le condizioni predittive, verificandosi una significativa
prevalenza di soggetti con abuso di sostanze e di alcool tra gli adulti con
storia di ADHD rispetto alla popolazione generale (Mannuzza et al., 1998). Una
particolare caratteristica comportamentale, evidenziata nei soggetti iperattivi
sin dall'infanzia (Modigh et all., 1998), sarebbe strettamente correlata con il
comportamento dei tossicodipendenti: la difficoltà a dilazionare la fruizione
delle gratificazioni, la necessità di gratificazioni immediate e facili da
ottenere caratterizza questi soggetti sin dai primi anni di vita (Kirby et all.,
1999).
E ancora il temperamento novelty seeking, con la necessità di
gratificazioni sempre al di fuori del quotidiano, al di là della
"medietas" in cui le situazioni ordinarie sono inserite, la condizione
per cui il soggetto si coinvolge con facilità in attività trasgressive a forte
impatto emozionale, e spesso a contenuto di rischio elevato, è considerato un
elemento predisponente allo sviluppo della tossicodipendenza e dell'alcolismo
(Kravirz et al., 1999; Gabel et al., 1999; Cloninger 1988). Tale dimensione
temperamentale, in associazione a una scarsa harm avoidance, una predisposizione
a esporsi ai pericoli senza preoccupazione, può essere considerata appunto
predittiva rispetto al disordine da uso di sostanze (Cloninger 1988, Gerra et
al., in press), senza rivestire il carattere di una vera e propria patologia.
D'altro canto anche la timidezza eccessiva, la difficoltà di coping con lo
stress e la inibizione rispetto ai contatti sociali, in connessione con una
ridotta considerazione di sè e una scarsa autostima, si sono dimostrati come
elementi di rischio per lo sviluppo delle dipendenze e dell'abuso (Wills et al.,
1999; Cabal Bravo et al., 1990). Una scarsa capacità di adattamento sociale
viene considerata da NIDA uno dei fattori di rischio (Sloboda and Davids,
1997).
Si può immaginare che le condizioni psicobiologiche che preesistono alle
dipendenze e all'abuso, striscianti e subcliniche, possano rappresentare una
fase di passaggio tra l'evoluzione di atteggiamenti temperamentali e
l'insorgenza di disturbi della personalità o del comportamento. Questa fase di
passaggio, così tipica dell'età evolutiva e delle sue condizioni psicologiche
indefinite, coincide in diversi casi con il momento di incontro con le sostanze
psicoattive illegali e con l'alcool. Le sostanze possono dunque venir
sperimentate da chi sta sviluppando un disturbo d'ansia a partire da una
condizione di "harm avoidance" problematica e intensa; oppure un
disturbo del cluster drammatico a partire da una condizione "novelty
seeking" non più inquadrabile nella normalità del comportamento.
Sono proprio gli elementi biologici associati alle condizioni psichiche e
comportamentali sin qui richiamate a suggerire ipotesi etiopatogenetiche per i
disturbi addittivi non superficiali e generiche e a sostenere interpretazioni
fondate sul rapporto tra elementi predittivi e dipendenza.
Il sistema delle monoamine cerebrali sembra presentare una significativa
alterazione negli adolescenti e nei bambini aggressivi: in particolare un
elevato tono adrenergico con incrementati livelli di catecolamine e una carenza
del sistema serotoninergico sarebbero stati segnalati come possibili correlati
dell'aggressività (Zuckerman, 1990; Netter et al., 1996; Virkkunen and Linoilla
1997). Una risposta allo stress in norepinefrina ed epinefrina anticipata, e già
presente in relazione alla aspettativa dello stress, è stata verificata in
adolescenti aggressivi nella fase peripubertale (Gerra et al., 1998).
Una alterazione della funzione serotoninergica a livello del sistema nervoso
centrale caratterizzerebbe questi soggetti, tra i quali è stato anche
individuato un polimorfismo per il gene promoter del reuptake della serotonina,
in associazione con il quadro psicobiologico tipico della personalità
antisociale (Ishiguro et al., 1999). E ancora, proprio i geni che codificano per
i recettori della dopamina, così coinvolta di per sè nello sviluppo dei disturbi
addittivi (Comings et al., 1997; Guardia et al., 2000), sarebbero implicati
anch'essi nel quadro psicobiologico associato con l'atteggiamento aggressivo, la
propensione alla devianza e gli agiti violenti (Daugherty et al., 1993; Comings,
1994; Comings et al., 1996; Comings, 1997). Le alterazioni del sistema
dopaminergico nel disturbo della condotta, peraltro, sembrano non essere
connesse soltanto con elementi genetici, ma con interferenze biologiche che
verrebbero a complicare il quadro della vulnerabilità, e che sono state
interpretate come esito di negligenza ed abuso durante i primi mesi di vita:
tali difficoltà relazionali infatti sarebbero capaci di influenzare la dopamina
beta-idrossilasi del bambino, in particolare nei "neglected e abused"
durante i primi 36 mesi dopo la nascita (Galvin et al., 1997).
La stessa iperattività con deficit di attenzione (ADHD) sembra essere
associata ad uno o più quadri biologici specifici. Un deficit di noradrenalina
nella via "inibitoria" che dalla sostanza reticolare si porta al locus
coeruleus e un più generalizzato deficit adrenergico (Eisenberg et al., 1999;
Comings et al., 1999) potrebbero costituire le alterazioni biologiche associate
a questa condizione clinica che, occorre non dimenticarlo, viene trattata con la
somministrazione di amfetamino-simili quali il metilfenidato (Garland et al.,
1998; Lurie and O'Quinn, 1991; Connor et al 2000; Corkum et al., 1999), un
farmaco capace di incrementare la funzione adrenergica. Allo stesso tempo un
deficit del sistema alfadrenergico è stato ipotizzato in tossicodipendenti con
storie di ADHD e nei loro fratelli sani che non presentavano nè il disturbo
addittivo, nè disturbi comportamentali (Gerra et al., 1994a; Gerra et al.,
1994b).
|