La considerazione del fatto che il disturbo additivo (dipendenza e o abuso di
sostanze) possa essere associato a un disturbo psichiatrico si va sempre più
affermando sia nell'ambito scientifico che tra coloro che direttamente si
occupano di tossicodipendenti e di alcolisti. Se qualcuno ha potuto in passato
liquidare in modo sbrigativo i disturbi psichiatrici dei tossicodipendenti come
semplici conseguenze dell'assunzione delle sostanze psicoattive, in questi
ultimi tempi una crescente mole di evidenze documenta come nelle diverse storie
cliniche il disturbo psichiatrico possa precedere, associarsi, o conseguire
all'uso di sostanze costituendosi di volta in volta tra le due condizioni
rapporti che possono essere di autocura, di causalità o di semplice
associazione (Ruonsaville and Luthar, 1993).
Occorre sottolineare come ad associarsi con i disturbi da uso di sostanze non è
sempre un quadro psichiatrico conclamato: più spesso condizioni "di
confine", e cioè quadri intermedi tra le difficoltà del temperamento, delle
relazioni e delle psicopatologie entrano in un coinvolgimento e in un equilibrio
possibile con l'assunzione di droghe, venendone modificati, cristallizzati
oppure condotti a lunghi periodi di latenza nella storia che va dalla
adolescenza alla prima giovinezza (Gerra, 1994).
Grande attenzione deve essere comunque posta dal punto di vista clinico alla
sequenza cronologica con cui si presentano i disturbi psichici e quelli
addittivi (Kaye et al., 1998): infatti l'esordio di sintomi psicotici
immediatamente successivo all'assunzione di psicostimolanti non ha lo stesso
significato degli stessi sintomi a distanza di tre mesi dall'assunzione della
cocaina. Tutte le sostanze da abuso sono capaci di "mimare" i disturbi
psichiatrici e se la diagnosi duale è posta in un periodo troppo ravvicinato
alla disuassefazione c'è il rischio di una sopravvalutazione dei livelli di
comorbidità psichiatrica.
Anche in relazione agli studi sulla comorbidità psichiatrica non si possono
equiparare le diagnosi attribuite ai pazienti nel corso della vita (life time)
con quelle attuate direttamente sui pazienti al momento dello studio (current).
L'incidenza dei disturbi psichiatrici tra i pazienti affetti da disturbo da uso de sostanze
Una recente valutazione sui soggetti in trattamento per la dipendenza da
sostanze, secondo i criteri del DSM, ha rilevato percentuali life time come
espresse nella tabella 1 (Comptom et al., 2000). L'autore sottolinea la presenza
anche di notevoli differenze di genere nelle percentuali ottenute e evidenzia,
comunque, un prevalere dei disturbi di personalità del cluster drammatico, dei
disturbi d'ansia e del tono dell'umore nel campione studiato (Fig. 1).
Fig. 1
Uno studio sui soggetti in trattamento metadonico pubblicato sugli Archives
(Brooner et al., 1997) mostra che circa il 48 % dei soggetti maschi studiati e
il 47% delle femmine sono affetti dai disturbi psichiatrici. La tabella 2 indica
le percentuali di patologie di asse I e asse II individuate da Brooner: appare
chiaro il prevalere della depressione nei soggetti di sesso femminile (24% vs
9%) e del disturbo di personalità antisociale nei soggetti di sesso maschile
(40% vs 15%). Vistose sono anche le differenze della diagnosi life time rispetto
alla diagnosi attuata al momento dello studio (Fig. 2).
Fig. 2
Una verifica della comorbidità psichiatrica all'interno di una unità di
disuassefazione mostra percentuali molto più elevate di disturbi psichiatrici, a
riprova del fatto che la valutazione a ridosso della disuassefazione comporta il
rischio di una sovrastima dei disturbi mentali in questi pazienti (Craig and Di
Buono 1993) (Fig. 3).
Fig. 3
Anche nelle popolazioni dei cocainomani sono state evidenziate elevate
percentuali di diagnosi duale con un prevalere del disturbo di personalità
antisociale tra le diagnosi life time. Al contrario tale diagnosi non sembra
prevalere numericamente nella diagnosi attuale dove si incontrano maggiormente i
disturbi affettivi e le fobie (Halikas et al., 1994) (Fig. 4).
Fig. 4
La tabella 5 mostra un interessante confronto tra le condizioni di comorbidità
psichiatrica nei cocainomani e negli eroinomani (Flynn et al., 1995).
Del tutto più consistenti la quota di depressione e di ideazione suicida
rilevabili nei cocainomani senza che sia possibile verificare quale sia la
relazione di causalità tra questi disturbi e la cocaina.
Fig. 5
Per poter affermare che la diagnosi duale sia veramente tale occorre poter
verificare anamnesticamente che i disturbi psichiatrici hanno preceduto il
disturbo di uso da sostanze di almeno 6 mesi oppure che i criteri per la
diagnosi sono stati riscontrati in un periodo di astensione dalle droghe che si
è prolungato per 6 mesi. Nel caso in cui si tenga conto di questi criteri, le
diagnosi precedentemente poste senza di essi risulteranno inconsistenti in una
percentuale superiore al 75% (Kadden et al., 1994) (Fig. 6).
Fig. 6
Comorbilità psichiatrica e interventi mirati
La necessità di combinare la tipologia dei pazienti con specifici trattamenti è
particolarmente sentita nell'ambito clinico che si occupa di dipendenze e
potrebbe massimizzare i vantaggi terapeutici grazie a un assessment individuale
del paziente (Boyarsky and McCance, 2000). Ma il machting paziente-trattamento
risulta particolarmente difficile in relazione alla disomogeneità dei campioni
studiati a metodologie di trattamento non standardizzate e alle sovrapposizioni
tra terapie prescritte e farmaci da abuso. Tali difficoltà sono espresse da
Gastfriend (Gastfriend et al., 2000) che elenca le difficoltà per la
collocazione adeguata dei pazienti in trattamenti specifici (Fig. 7).
Fig. 7
Una delle difficoltà maggiori che impedisce di considerare i pazienti
tossicodipendenti secondo tipologie caratterizzate dalla comorbidità
psichiatrica, o che comunque necessitano di un assessment individuale, è
costituita dalla concezione della tossicodipendenza come una sindrome isolata a
sè stante, sostenuta da quella situazione biologica che viene definita da Blum
il tratto ipo-dopaminergico (Blum et al., 1995) (Fig. 8). Se questa visione unitaria
delle dipendenze patologiche ha una sua legitimità scientifica e un sicuro riscontro
clinico, i disturbi da uso di sostanze non possono essere interpretati con una
modalità uniformante, che comporti un appiattimento diagnostico-terapeutico.
Fig. 8
Al contrario la dipendenza da sostanze deve essere caratterizzata e analizzata
in modo articolato e specifico, a partire da una psichiche e comportamentali associate al
disturbo additivo.
Una sorta di pato-plasticità vede la Reward Deficency Sindrome di Blum assumere
profili variegati quando alla condizione novelty seeking, alla impulsività che
non consente di dilazionare la fruizione delle gratificazione, alla
suscettibilità e alla noia si associano le connotazioni dei disturbi di
personalità o delle psicopatologie di asse I. In queste condizioni al tratto
dopaminegico che sembrerebbe responsabile dell'RDS si assommano le possibili
alterazioni biologiche connesse con i disturbi psichiatrici (Fig. 9). Lo schema presentato
nella figura 9, non ha pretese di scientificità, e di certo non esaurisce le
possibili associazioni tra le alterazioni neuroendocrine evidenziate dalla psichiatria
biologica e i disturbi da uso di sostanze, ma offre un possibile suggerimento che
sottolinea la complessità e il gran numero di combinazioni che possono caratterizzare
questi quadri clinici.
Fig. 9
Fig. 10
|