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Redazione a cura dello Staff DRONET.
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risultati: 2501 - pag. 236 di 251 |
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Una nuova terapia contro l'AIDSfonte: New England Journal of Medicine
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03-07-2002 Per la prima volta una combinazione di inibitori della proteasi ha dimostrato di funzionare meglio di altre in pazienti che non avevano ricevuto altre cure in precedenza. La nuova terapia, messa a punto da un gruppo di ricercatori del General Hospital dell'Università di Toronto diretto da Sharon Walmsley, è stata descritta sul'ultimo numero del "New England Journal of Medicine".
"La nuova miscela di farmaci inibisce con maggiore efficacia il virus ed è di più facile assunzione per i pazienti" spiega la Walmsley. "Inoltre abbiamo scoperto che non induce resistenza, uno dei problemi più gravi della terapia anti HIV."
L'HIV è un retrovirus che attacca il sistema immunitario e ha bisogno dell'enzima proteasi per maturare e replicarsi. Gli inibitori della proteasi rappresentano in effetti una classe di farmaci che si è dimostrata capace di rallentare l'infezione virale. Essi vengono di solito usati in combinazione con altri farmaci, chiamati inibitori della transcriptasi inversa, che agiscono su uno stadio precedente della replicazione.
In un test in doppio cieco, i ricercatori hanno sperimentato la nuova combinazione su 653 pazienti adulti che non avevano ricevuto in passato cure antri-retrovirali. La nuova combinazione di due inibitori della proteasi chiamati lopinavir e ritonavir - in attesa dell'approvazione definitiva della FDA statunitense - è stata confrontata con l'inibitore più comunemente usato in Canada, il nelfinavir. Dopo trattamenti durati 24 e 48 settimane, il 60-70 per cento dei pazienti ha dimostrato di avere un tasso virale nel sangue inferiore a 50 per millilitro, un risultato a cui aspirano tutte le terapie.
Staff Dronet
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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Notizia/informazione invia articolo |
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SESIT workshop - scheda softwarefonte: Progetto SESIT
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27-06-2002 WORKSHOP PROGETTO SESIT Verona 13-09-2002 Scheda descrittiva applicativi software per i Dipartimenti delle Dipendenze.
La presente scheda dovrà essere compilata i n ogni sua parte e reinviata entro il 30-07-2002:
via email all'indirizzo sesit@dronet.org
o via fax al numero 0458622239
staff SESIT
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CATEGORIA: Nazionali TIPO: Modulistica invia articolo |
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ESPERIENZE VIOLENTE CONDIZIONANO LE PERCEZIONI INFANTILIfonte: Pnas
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19-06-2002 Secondo uno studio americano pubblicato sulla rivista Pnas i bambini vittime di una violenza hanno una percezione alterata delle emozioni espresse dalle persone che li circondano. Secondo i ricercatori una esperienza negativa può modificare il confine tra le diverse emozioni.
Ricercatori dell'Università del Wisconsin a Madison hanno infatti studiato 40 bambini (8-10 anni), vittime (23 casi) o meno di violenze, osservando che le giovani vittime hanno una tendenza maggiore a vedere la collera nei visi che esprimono invece diversi sentimenti, mentre gli altri bambini percepiscono correttamente le altre emozioni.
Gli specialisti hanno mostrato ai bambini, sotto forma di video-gioco, una serie di volti che esprimevano diversi gradi di gioia, tristezza, collera o paura. Le vittime di violenza descrivevano più spesso espressioni di collera, specie quando questo sentimento era nascosto sotto tratti di tristezza o paura.
Secondo gli autori, un volto che esprimeva al 60% paura e al 40% collera, era identificato come collerico dai bambini vittime di violenza, mentre i controlli riconoscevano la paura. Questi ultimi riconoscevano la collera solo se gli altri sentimenti rappresentavano il 30% delle emozioni.
Gli specialisti spiegano che non è diverso il modo con cui i piccoli riconoscono i volti, ma quello con cui li classificano e questo dato sembra confermare l'ipotesi secondo la quale le emozioni sono innate. In pratica il processo cerebrale di elaborazione delle emozioni potrebbe essere innato mentre la loro percezione e la loro comprensione sarebbero influenzata dall'esperienza.
Staff Dronet
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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Notizia/informazione invia articolo |
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VACANZEfonte: Dott.ssa Nadia Borrillo
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18-06-2002 Gli italiani scelgono sempre di più mete esotiche per le loro vacanze, ma spesso ritornano con problemi di salute: si ammala più del 50% dei viaggiatori. È sempre più frequente la comparsa di sintomi al ritorno da un viaggio esotico, non sempre di facile diagnosi, se si pensa che i tempi di incubazione della malattia possono essere lunghi e può mancare l'immediata associazione viaggio-malattia.Dalla Organizzazione Mondiale della Sanità vengono emesse circolari mensili di aggiornamento sullo stato delle infezioni nel mondo e sulle profilassi più idonee. Ogni anno viene poi compilata una guida ricca di dettagli di geomedicina sulla nuova situazione patologica mondiale, cui si attengono gli Istituti di Igiene e Profilassi. Quest'anno, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riferisce la presenza di fastidiose diarree del viaggiatore, che colpiscono fino all'80% di chi si reca nei paesi in via di sviluppo, di infezioni acute (contratte da un viaggiatore su 100), di epatite A (1 su 300) e di epatite B (1 su 1000). Ecco perché, quando si decide di intraprendere un viaggio in paesi tropicali, in particolare se ci si reca lontano dai circuiti turistici e si privilegiano mete come l'India e la Cambogia, è bene valutare attentamente i rischi presenti. Prima della partenza occorre consultare il proprio Medico di Base o un centro di prevenzione all'interno di struttura pubbliche, come ad esempio l'Ufficio di Igiene, o ambulatori di Infettivologia, presenti su gran parte del territorio nazionale. Questi centri forniscono tutte le informazioni necessarie su eventuali problemi sanitari e vaccinazioni raccomandate per la destinazione prescelta. Le vaccinazioni possono richiedere tempi più lunghi del previsto, perciò è bene pensarci almeno due mesi prima della partenza. Possibilità e probabilità di infezione sono strettamente correlati ad alcuni elementi: destinazione, periodo dell'anno in cui si svolge il viaggio (ad esempio dopo il periodo delle piogge aumentano i rischi per la malaria), durata e scopo del soggiorno, località da visitare, tipo di alloggio e livello di confort. Generalmente i viaggi organizzati che prevedono soggiorni nelle località turistiche, espongono a minore rischio rispetto i viaggi avventura o safari. La permanenza in zone rurali, soprattutto con sistemazioni precarie, espone facilmente alla possibilità di contrarre le infezioni tipiche delle zone tropicali. Questi viaggi sono inoltre sconsigliabili a chi soffre di particolari condizioni morbose, quali malattie croniche, perché c'è una minore resistenza alle infezioni. Devono essere affrontati con maggiore cautela dai bambini, dagli anziani e dalle donne in gravidanza e un riguardo si deve avere anche a chi soffre di allergie, perché necessita di farmaci salvavita di uso immediato.
Per avere maggiori informazioni sui rischi per la salute, vaccinazioni e profilassi scaricare il file.
Staff Dronet
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XII Congresso Nazionale della Società Psicoanaliticafonte: Società Psicoanalitica Italiana
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13-06-2002 Prende il via oggi a Trieste il Congresso della Società Psicoanalitica Italiana. Fattori terapeutici in psicoanalisi. Specificità e aspecificità nei processi trasformativi.
Centro Congressi Stazione Marittima Trieste 13-16 Giugno
Per informazioni rivolgersi alla Segreteria Congressuale Via San Nicolò 14
34121 Trieste
Tel. 040-368343
Fax 040-368808
e-mail spi@theoffice.it
Staff Dronet
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CATEGORIA: Nazionali TIPO: Congresso/convegno invia articolo |
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DROGHE: IL GENE DEL VIZIOfonte: Scripps Research Institute
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12-06-2002 Secondo uno studio di ricercatori statunitensi dell'Istituto Scripps una
variazione naturale di un gene sarebbe responsabile di alcune dipendenze. Il
gene del vizio individuato dagli studiosi dirige infatti la sintesi del fatty
acid amide hydrolase (Faah), un enzima il cui ruolo è quello di ''smaltire'' i
cannabinoidi naturali del cervello, sostanze che agiscono come i composti
attivi della marijuana e che sono sospettati di favorire il meccanismo cerebrale di compensazione e la dipendenza.
E' questa circostanza che spinge i ricercatori a credere che un'anomalia
di questo gene potrebbe anche trascinare verso droga e alcol. A partire da questa
intuizione, gli studiosi hanno analizzato diverse persone con problemi di
dipendenza. Si è scoperto che le persone che avevano due copie del gene mutato
avevano anche più tendenza a essere vittime delle sostanze stupefacenti.
Gli studiosi hanno scoperto inoltre che il gene anomalo era strutturalmente e
metabolicamente normale, ma era più facilmente 'attaccabile' da altri enzimi
rispetto alla forma normale. Gli autori devono ora dimostrare che le mutazioni
possono incidere sul tasso di enzima Faah nell'organismo. Sarebbe questo il
meccanismo che associa le mutazioni agli effetti sul comportamento. Lo studio
non intende scagionare le altre possibili cause della dipendenza, psicologiche
e ambientali, ma si tratta di uno dei primi lavori per capire meglio le
'colpe' del Dna nello sviluppo delle dipendenze.
Staff Dronet
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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Notizia/informazione invia articolo |
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ALCOL: A RISCHIO GLI ULTRAQUARANTENNIfonte: Gerontology
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10-06-2002 Ancora una ricerca sugli effetti dell'alcol nelle diverse fasi della vita a cura di un gruppo di scienziati giapponesi diretti da Ichiro Wakabayashi dell'università di Yamagata e da Rie Kobaba-Wakabayashi del collegio di medicina di Hyogo. Nello studio pubblicato sulla rivista Gerontology i ricercatori riferiscono di aver sottoposto a test 12.386 uomini di età compresa tra i 20 e i 69 anni, divisi per età in 5 gruppi. Si è scoperto così che il consumo di bevande alcoliche non influisce sulla massa corporea né sul tasso di glucosio. Ma chi beve più 30 grammi di alcol al giorno ha, rispetto agli astemi e ai bevitori moderati, la pressione sanguigna più alta, un tasso di trigliceridi più elevato nel sangue, una maggiore predisposizione a sviluppare aterosclerosi. Pressione del sangue fuori controllo quindi per chi si concede qualche bicchiere di troppo. Una controindicazione che vale però solo per gli adulti di mezza età o per gli anziani. Per i giovani, invece, un consumo moderato ha persino indicazioni positive e riduce il tasso di colesterolo cattivo
nel sangue.
Staff Dronet
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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Notizia/informazione invia articolo |
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Una pastiglia impiantabile sottocutefonte: Neuropsychopharmacology
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05-06-2002 Una delle difficoltà maggiori nel curare i pazienti affetti da schizofrenia è quella di assicurarsi che prendano i loro medicinali. Ora il problema potrebbe essere stato risolto dai ricercatori della Scuola di Medicina dell'Università della Pennsylvania, che hanno progettato un dispositivo impiantabile in
grado di somministrare psicofarmaci per un periodo di cinque mesi, prolungabile fino a un anno. Il dispositivo ha funzionato molto bene nelle prime prove di laboratorio e la ricerca prosegue, nella speranza di arrivare a svolgere test clinici. I risultati degli esperimenti, svolti su piccoli mammiferi, sono stati descritti sulla rivista "Neuropsychopharmacology". Il dispositivo ha le dimensioni di una moneta e può essere impiantato sottocute con un semplice intervento in anestesia locale della durata di 15 minuti. Negli esperimenti è stato usato un farmaco antipsicotico tradizionale,
l'aloperidolo, contenuto in una matrice polimerica. Se il dispositivo dovesse funzionare efficacemente anche negli esseri umani, offrirebbe un'alternativa medica che potrebbe ridurre, per molti pazienti, la minaccia delle psicosi e dell'instabilità sociale cronica. I pazienti che hanno
bisogno di farmaci anti-psicotici spesso non riescono a capire la serietà della loro malattia e smettono di prendere assumerli nei periodi in cui la loro capacità di giudizio è temporaneamente ridotta.
Staff Dronet
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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Notizia/informazione invia articolo |
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Gli effetti a lungo termine della cocainafonte: LE SCIENZE
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04-06-2002 La ricerca spiegherebbe alcuni comportamenti che si osservano nei consumatori abituali. Alcuni ricercatori dell'Università della Pennsylvania hanno osservato che alcune parti del cervello dei consumatori abituali di cocaina sono danneggiate e appaiono chiaramente diverse rispetto alle equivalenti regioni di individui che non consumano droga. La ricerca è stata descritta sulla rivista «Biological Psychiatry». Le differenze si riscontrano in particolare in regioni coinvolte nella presa delle decisioni, negli inibitori comportamentali e nelle reazioni emozionali all'ambiente. Usando la risonanza magnetica e altre tecniche per studiare il cervello, Teresa R. Franklin ha esaminato 13 uomini che avevano fatto uso di cocaina per un periodo di circa 13 anni. Si è visto così che, in confronto a volontari di controllo, alcune particolari regioni del cervello dei cocainomani hanno meno materia grigia. Il risultato è che le aree coinvolte sono dal 5 all'11 per cento meno efficienti.
La ricerca suggerisce che alcuni dei comportamenti che si osservano nei consumatori abituali di cocaina, come la preferenza per le gratificazioni immediate rispetto a quelle a lungo termine, o l'abitudine a comportamenti pericolosi, potrebbero essere il risultato di questa deficienza di materia grigia.
Staff Donet
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Le difficoltà della clonazionefonte: LE SCIENZE
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30-05-2002 Diversi i difetti trovati in animali ottenuti per trasferimento somatico nucleare. Secondo un recente studio, il processo di clonazione potrebbe fallire molto spesso perché non riprogramma completamente la cellula ovulo come fa invece la riproduzione sessuata. Alcuni ricercatori dell'Università del Connecticut hanno riferito che, almeno nelle mucche clonate, i geni del cromosoma X vengono espressi in modo improprio. In un articolo pubblicato sulla rivista «Nature Genetics», i biologi hanno presentato i risultati dell'analisi dell'espressione di 10 geni del cromosoma X in quattro mucche clonate e sane e in quattro morte poco dopo la nascita per problemi respiratori. Tutti gli animali erano stati ottenuti per trasferimento somatico nucleare, una tecnica in cui il nucleo di un ovulo viene sostituito con quello di una cellula adulta. Quando il procedimento funziona, l'ovulo inizia a crescere e dividersi come se fosse stato fecondato normalmente. Le cellule usate per la clonazione erano però diverse e, in particolare, per i quattro animali morti erano state usate cellule della pelle.
Studiando l'espressione dei geni, i biologi hanno trovato difetti in molti organi principali, fra cui il cuore, il fegato, il cervello e la milza, degli animali morti. Negli animali vivi l'espressione dei geni nella pelle e nel sangue è risultata normale, ma gli organi interni non sono stati analizzati.
«Il nostro studio dimostra che nei cloni, anche se si possono sviluppare completamente, esistono molti difetti nell'espressione dei geni, che possono essere parzialmente responsabili dello sviluppo dei difetti somatici frequentemente osservati,» spiega Xiangzhong Yang.
Staff Dronet
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Primo Piano Dipartimento Politiche Antidroga Presidenza del Consiglio dei Ministri |
- Principi generali della posizione italiana contro l’uso di droghe ( IT, EN)
- Accordo di collaborazione scientifica Italia-USA ( IT, EN)
- Dichiarazione DPA collaborazioni scientifiche internazionali ( IT, EN)
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Oggi i giornali parlano di droga |
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