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Redazione a cura dello Staff DRONET.

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Australia: nasce consorzio nazionale controllo cannabis

fonte: Commonwealth of Australia

13-06-2007 A distanza di una sola settimana dalla presentazione al Parlamento di una rassegna di studi sulla cannabis che ne ha dimostrato pericolosità e rischi in particolare per i giovani consumatori, nasce in Australia in forma di consorzio il primo Centro nazionale per la prevenzione e il controllo della cannabis. Il "National Cannabis Control and Prevention Centre" (NCCPC) è stato infatti ufficializzato quest'oggi a Canberra – sede del Parlamento australiano - dal ministro della salute Christopher Pyne. “Il centro avrà un ruolo importante nel fornire informazioni, in particolare ai giovani, sui rischi associati all'assunzione della cannabis - ha dichiarato Pyne in una nota stampa – e darà inoltre supporto al dipartimento della salute e ai servizi che trattano persone con problemi legati all'uso di questa sostanza e le loro famiglie”. Il Governo australiano finanzierà l'iniziativa con 12 milioni di dollari australiani (1 dollaro australiano = 0.8425 USD) distribuiti su quattro anni. Il centro promuoverà approcci innovativi nel trattamento della dipendenza da cannabis e interventi educativi sui “pericoli legati all'uso di questa sostanza che, come le altre droghe – ribadisce il ministro – è dannosa per l'organismo e porta alla dipendenza”. Al consorzio hanno aderito il National Drug and Alcohol Research Centre (NDARC) con ruolo di coordinamento, il National Drug Research Insitute (NDRI), Origen Youth Health (servizio specializzato nel trattamento dei problemi di salute mentale in età giovanile), il National Centre for Education and Training on Addiction (NCETA, centro di ricerca su alcol e droghe), la Ted Noffs Foundation (TNF, fondazione che lavora con adolescenti tossicodipendenti e le loro famiglie), l'Australian Institute of Criminology (AIC) e Lifeline Australia (servizio di couseling telefonico sulle dipendenze attivo 24 ore su 24 a cui collaborano più di 5.000 volontari qualificati in tutto il continente).

Staff Dronet

CATEGORIA: Internazionali TIPO: Notizia/informazione invia articolo
 

Giovani e alcol: Commissione Europea istituisce Forum per tutela salute giovani e controllo marketing alcolici

fonte: CE

12-06-2007 Più di 40 fra organizzazioni non governative (ONG) e rappresentanti delle aziende di settore (stakeholder) hanno siglato la settimana scorsa a Brussels la Carta istitutiva dell'European Alcohol and Health Forum (EAHF), una “piattaforma di azione comune – come si legge nella nota stampa EC - finalizzata alla tutela della salute dei giovani e al controllo delle campagne di comunicazione e delle vendite irresponsabili di alcolici da parte della filiera distributiva”. Il Forum, che si riunirà due volte l'anno, vuole essere una risposta a un fenomeno che solo in Europa conta 200.000 morti dovute a problemi legati al consumo di alcol e che vede fra le cause della mortalità giovanile una prevalenza di più del 25% per alcol. Per prendere parte al forum i candidati devono presentare una proposta di piano di azione concreto con definiti obiettivi e metodologia di monitoraggio e valutazione dei risultati. Anche la European Spirits Organisation (CEPS), l'organizzazione che rappresenta i produttori europei di alcolici, anch'essa fra i firmatari della Carta, in una nota stampa ribadisce la totale disponibilità a fornire il proprio knowhow in materia di promozione di un “consumo responsabile”, come già previsto dalla CEPS Charter del 2005. Il Forum europeo rientra nella azioni previste dalle Strategie europee per supportare gli Stati membri nella riduzione dei danni legati all'alcol pubblicate nell'ottobre 2006 (Communication on an EU strategy to support Member States in reducing alcohol related harm, Brussels, October 2006).

Staff Dronet

CATEGORIA: Europee TIPO: Notizia/informazione invia articolo
 

Farmacologi a congresso: cannabis compromette sviluppo cervello adolescenti

fonte: ANSA

11-06-2007 La cannabis può compromettere gravemente lo sviluppo del cervello negli adolescenti. Il concetto è stato ribadito nel corso del 33° congresso nazionale della Società italiana di farmacologia appena conclusosi a Cagliari. "Ci lasciano perplessi certe affermazioni politiche, basate il più delle volte su scarse o nulle basi scientifiche, secondo cui le 'canne' sono una droga non pericolosa, non pesante, ad esempio, come può esserlo l'eroina. Un messaggio che può provocare, e provoca, danni ingenti", ha dichiarato in un'intervita all'ANSA il presidente dei farmacologi italiani prof. Giovanni Biggio. Gli oltre mille neuropsicofarmacologi giunti a Cagliari dai più quotati centri di ricerca internazionali lanciano quindi un monito alla "banalizzazione degli effetti indotti dall'uso di cannabis: su questo argomento bisogna essere chiari - ha proseguito il prof. Biggio -: la cannabis nel cervello ancora in formazione degli adolescenti, provoca delle modificazioni a livello funzionale di cui si era già a conoscenza; oltre a questo problema, studi recenti hanno confermato quel che si temeva, cioè che le alterazioni conseguenti all'uso della cannabis determinano anche una serie di modifiche morfologiche. In altre parole, viene alterata la capacità dei neuroni di svilupparsi in maniera appropriata, con il risultato che Il cervello di un adulto che da adolescente si è fatto spinelli, col passare del tempo è più debole, vulnerabile ed esposto all'insorgere di varie patologie mentali, tra cui la depressione".

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CATEGORIA: Nazionali TIPO: Notizia/informazione invia articolo
 

UE: attenzione sulle benzylpiperazine (BZP)

fonte: EMCDDA

08-06-2007 Cresce l'attenzione dell'Europa sulle benzylpiperazine (BZP). Come riporta Drugnet Europe 58 (aprile giugno 2007) il 23 marzo scorso il Consiglio UE ha avanzato formale richiesta di indagine sulla salute e sui rischi sociali legati alla diffusione di questo stimolante. La pubblicazione del rapporto, parte di una procedura che prevede scambio di informazioni, valutazione del rischio e presa di decisioni, è attesa entro luglio. La decisione di consiglio si è basata su un precedente rapporto congiunto EMCDDA-Europol presentato il 23 febbraio che illustra gli effetti sulla salute delle BZP, frequenza e modalità d'uso, prove di intossicazione, informazioni sul traffico internazionale e coinvolgimento del crimine organizzato. Fra i rischi per la salute associati all'uso di BZP vi sono ipertensione, tachicardia, ansia, attacchi epilettici, insonnia con sintomatologia protratta a volte sino a 24 ore. BZP provoca effetti simili alle amfetamine. Da circa due anni, prodotti contenenti BZP vengono promossi con marketing aggressivo su internet come prodotti naturali (“herbal”) e come ”alternativa legale all'ecstasy” (Legal E, Legal X), traendo in inganno i potenziali consumatori sulla non dannosità della sostanza in termini di salute. Sulla base del rapporto, il consiglio deciderà entro fine luglio di sottoporre le BZP a misure di controllo valide in tutta l'Unione e gli Stati membri avranno un anno per adeguarsi con misure armonizzate a livello nazionale. Una nota curiosa: le BZP sono stata sintetizzate per la prima volta nel 1944 dai laboratori britannici di Wellcome Research come potenziale farmaco per il trattamento in ambito veterinario dei parassiti intestinali, ma non sono mai state utilizzate a causa dei loro effetti collaterali.

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CATEGORIA: Europee TIPO: Scientifiche invia articolo
 

Magic mushrooms: il “dilemma” dei funghetti allucinogeni nell'era di internet; EMCDDA lancia allarme

fonte: EMCDDA

07-06-2007 “Come regolamentare efficacemente il complesso gruppo dei cosiddetti prodotti naturali? Come applicare controlli quando queste sostanze vengono promosse e vendute a livello globale attraverso internet? Che cosa può essere fatto quando a seguito di misure restrittive i distributori cambiano strategie commerciali e propongono prodotti diversificati, ancora più dannosi dei precedenti?” E' questo il dilemma che sta tormentando i legislatori e chi deve fronteggiare il traffico di droghe nell'era di internet, come ha confessato oggi il direttore EMCDDA Wolfang Gotz in occasione della pubblicazione del n. 15 di Drugs in Focus dedicato ai funghi allucinogeni. Caso studio rappresentativo dei trend emergenti secondo EMCDDA, i “magic mushrooms” crescono naturalmente in alcune regioni europee, ma qualche tipologia utilizzata per le sue proprietà psicoattive viene coltivata. Si contano più di 100 specie di funghi con proprietà allucinogene: la maggior parte di esse contiene psylocibin e psilocin (o psilotsin) quali principi attivi responsabili degli effetti allucinogeni (distorsione delle sensazioni, alterazione dell'umore, alterazione dei processi di pensiero). Psylocibin e psilocin sono “sotto controllo” dal 1971, anno della Convenzione ONU sulle sostanze psicotrope, ma alcuni paesi hanno mostrato da subito incertezza nella classificazione dei funghi e la confusione è stata ulteriormente alimentata dai rivenditori. Nei paesi in cui l'introduzione di leggi particolarmente restrittive ha aiutato a prevenire la diffusione di queste sostanze, i distributori si sono orientati ad “alternative legali” commerciando alcune specie di Amanita (A. muscaria e A. pantherina), che hanno elevata tossicità rispetto ai funghetti tradizionali e possono causare fatale avvelenamento. Negli anni '90 la vendita dei funghi allucinogeni avveniva principalmente in Olanda e nel Regno Unito nei cosiddetti “smart shops”. Oggi queste sostanze vengono vendute su internet. L'EMCDDA ha identificato a oggi un totale di 39 negozi online che vendono prodotti a base di funghi allucinogeni: la maggior parte di essi (82%) hanno sede in Olanda, gli altri in Austria, Germania, Danimarca e Polonia; molti siti sono multilingue e offrono opzioni di shipping internazionale per servire consumatori di tutto il mondo; alcuni informano sulla pericolosità dell'uso di questi prodotti in associazione con farmaci, alcol o altre droghe, ma uno su tre (33%) non dà informazioni sui pericoli dell'induzione di stati di allucinazione in soggetti che già soffrono ad esempio di depressione o psicosi; solo la metà informa sui dosaggi e sull'uso “sicuro” del prodotto. Un rapporto EMCDDA sui funghi allucinogeni è stato pubblicato nel giugno 2006 (“Hallucinogenic mushrooms: an emerging trend case study”), primo di una serie di volumi all'interno di un progetto pilota finalizzato ad aiutare nella detezione, tracciamento e comprensione dei nuovi trend delle droghe in Europa (European Perspectives on Drugs / E-POD).

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CATEGORIA: Europee TIPO: Scientifiche invia articolo
 

Cannabis e disturbi mentali: maggiore rischio fra consumatori regolari e giovani; rassegna studi australiana

fonte: Parliament of Australia

07-06-2007 “Le prove scientifiche passate in rassegna indicano che l'uso di cannabis è associato allo sviluppo di disturbi mentali, quali schizofrenia e depressione: risultano particolarmente a rischio i giovani e i consumatori regolari”. Sono queste le conclusioni a cui giunge la research note pubblicata oggi dal Parlamento Australiano, Sezione Politiche Sociali, in merito al tema del rapporto fra cannabis e disturbi mentali. La cannabis è la sostanza illegale più consumata in Australia: una persona ogni tre al di sopra dei 14 anni (33,6% pari a 5,5 milioni di persone in totale) ha assunto cannabis almeno una volta nella vita, con età media di inizio intorno ai 18 anni. Secondo l'Australian Institute of Health and Welfare (AIHW) “le persone che assumono regolarmente cannabis sono portate a sviluppare alti livelli di stress psicologico, fra cui ansia e sintomi depressivi”: da una indagine governativa risulta che nell'ultimo anno sono stati diagnosticati o trattati per problemi di salute mentale il 16,5% dei consumatori di cannabis, percentuale doppia rispetto all'8,6% relativo ai non assuntori.

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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Scientifiche invia articolo
 

Genetica e alcol-dipendenza: rassegna del Scientific American

fonte: Scientific American

06-06-2007 In vista del workshop “Genetica e nuovi obiettivi per il trattamento dell'alcoldipendenza” (Verona, 18 giugno), è utile segnalare una recente rassegna sull'argomento pubblicata sul numero di aprile di Scientific American (Nurnberg et al., Seeking the connections: alcoholism and our genes, Sci.Am., 00368733, Apr2007, Vol.296, Issue 4). L'identificazione delle influenze genetiche sulla vulnerabilità all'alcol-dipendenza può consentire la messa a punto di trattamenti mirati e aiutare i soggetti maggiormente a rischio a operare scelte informate in merito alla propria vita. Grazie allo sviluppo negli ultimi 10 anni di nuove tecnologie di identificazione e analisi delle funzioni dei geni, i ricercatori sono oggi in grado di andare alla radice anche di disturbi complessi, quali la dipendenza da sostanze. La capacità di analizzare pattern di ereditarietà in campioni estesi di popolazione e allo stesso tempo di esaminare centinaia di migliaia di minime variazioni nel genoma di ciascuno dei soggetti, consente ai ricercatori di individuare specifici geni che influenzano la fisiologia di una persona e il suo rischio di sviluppare una malattia. Così come succede in altri disturbi, l'alcolismo non ha una singola causa e la sua origine non è interamente dovuta a fattori genetici. Al momento si conoscono poco meno di una dozzina di geni che influenzano il rischio individuale per l'alcolismo. Le varianti di ciascuno di questi geni alterano solo leggermente la vulnerabilità individuale all'alcolismo, ma molti sono comuni fra l'intera popolazione e possono dunque avere ampi effetti sulle abitudini a bere alcolici, su altre forme di dipendenza, su comportamenti problematici, su disturbi dell'umore quali depressione e ansia. In linea generale, i geni influenzano potentemente la fisiologia di una persona, codificando per circa 100.000 tipi differenti di proteine – ciascuna della quali ha un ruolo diretto nel funzionamento quotidiano dell'organismo (SNC in primis) – e regolando l'attività di numerosi altri geni. Qualche decennio fa i ricercatori hanno iniziato a studiare il fenomeno tipicamente osservato nelle popolazioni dell'est asiatico di “arrossire” smisuratamente dopo aver bevuto alcol: i test ematici su questi soggetti hanno mostrato livelli elevati di acetaldeide (prodotto di ossidazione dell'etanolo), che provoca spiacevoli sensazioni di calore sulla pelle, palpitazioni e debolezza generale. Negli anni '80 alcuni ricercatori hanno tracciato la reazione all'aldeide deidrogenasi (enzima implicato nel metabolismo dell'alcol) e il gene che lo codifica: ALDH1. La variante genica ALDH1, rara fra gli europei, è risultata molto comune fra le popolazioni asiatiche (44% nei giapponesi, 53% nei vietnamiti, 45% nei cinesi Han, 27% nei coreani), che mostrano un rischio ridotto di alcolismo fino a sei volte. Sono stati studiati altri enzimi e i geni che li codificano, quali l'alcol deidrogenasi (responsabile della conversione dell'alcol in acetaldeide), prodotto da una famiglia di geni (ciascuno dei quali è responsabile di differenti proprietà di questo enzima) fra cui i più importanti sono il gruppo ADH1 e ADH4. Ad esempio un recente studio su una popolazione americana di discendenti europei ha dimostrato che variazioni nei geni ADH4 aumentano il rischio di alcolismo fra questi soggetti, anche se l'esatta modalità con cui queste varianti influenzano il metabolismo dell'alcol resta ancora sconosciuto. Ai fini della ricerca dei geni che incidono sul rischio di dipendenza da alcol gli autori sottolineano l'importanza dell'esame degli endofenotipi, fenotipi dei tratti fisici non visibili esternamente ma misurabili, alla ricerca di pattern comuni in soggetti diagnosticati con disturbi complessi quali la dipendenza. Gli endofenotipi – sostengono gli autori – possono rivelare le basi biologiche di un disturbo molto meglio di quanto possano fare i sintomi comportamentali. Questo tipo di approccio, utilizzato per la prima volta negli anni '70 nello studio della schizofrenia, è oggi uno degli strumenti di provata utilità per la valutazione dei processi biologici e l'analisi dei dati genetici. Una forma di endofenotipo, ad esempio, sono i pattern di attività elettrica cerebrale rilevabili attraverso elettroencefalografia (EEG). Anche i pattern EEG sono ereditabili e mostrano differenze caratteristiche nei dipendenti da alcol rispetto agli altri soggetti (disinibizione): se rilevati nei figli di soggetti dipendenti, questi disequilibri EEG possono essere predittivi di rischio aumentato di dipendenza, dunque possono costituire dei “marker” di predisposizione. Altri percorsi di ricerca hanno mostrato che alcune varianti geniche che codificano i siti di legame a livello di membrana cellulare del neurotrasmettitore inibitorio GABA (acido gamma-aminobutirrico) aumentano la vulnerabilità all'alcolismo: variazioni nel gene GABRA2 che codifica le subunità proteiche dei recettori GABAA influenzano fortemente un endofenotipo EEG conosciuto come “frequenza beta” che risulta avere un ruolo chiave nella disinibinizione neuronale, soprattutto nelle regioni frontali dell'encefalo. Anche lo studio dei recettori muscarinici CHRM2 dell'acetilcolina (i neuroni colinergici hanno un ruolo importante nell'equilibrio eccitatorio – inibitorio del cervello) si è rivelato utile: l'attivazione di questi recettori altera il segnale neuronale nei ritmi EEG lenti delta e theta, associati a funzioni cognitive quali la presa di decisioni e l'attenzione; recenti ricerche hanno anche mostrato una stretta relazione fra varianti del gene CHRM2 (che codifica per i recettori CHRM2) e condizioni cliniche quali dipendenza alcolica e depressione maggiore. “Comunque – tengono a precisare in chiusura di rassegna gli autori – la genetica non è mai un destino... I geni sono solo uno dei fattori che contribuiscono a predisporre o proteggere una persona dalla dipendenza e conoscere la loro interazione non può che essere d'aiuto alla prevenzione e al trattamento con interventi più efficaci”.

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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Scientifiche invia articolo
 

MIA-STEP e PAMI: nuovi strumenti NIDA per aumento "retention" nel trattamento delle dipendenze

fonte: NIDA

04-06-2007 Si chiamano MIA e PAMI i due nuovi “prodotti studiati per velocizzare l'adozione di interventi science-based nella pratica clinica del trattamento delle dipendenze” messi a punto dal Blending Team del NIDA. MIA-STEP, che sta per Motivational Interviewing Assessment Supervisory Tools for Enhancing Proficiency, è uno strumento destinato ai supervisori clinici per la formazione degli operatori sulle tecniche di intervista motivazionale, al fine di consentire un maggiore coinvolgimento del paziente nel percorso di cura e la sua “retention” (periodo di permanenza in trattamento sino al termine della cura). Il PAMI, Promoting Awareness of Motivational Incentives, è un pacchetto formativo su “incentivi" motivazionali quali voucher e premi che aumenterebbero il rinforzo positivo del paziente verso la terapia. Entrambi i prodotti sono corredati di materiali applicativi e di approfondimento, slide di presentazione e risorse multimediali destinate a clinici e amministratori. “La ricerca ha dimostrato che queste tecniche di gratificazione aumentano la retention dei soggetti - ha dichiarato Nora Volkov, direttore NIDA -, che è uno dei principali fattori predittivi di successo del trattamento”. I precedenti kit vertevano sul trattamento di dipendenti da oppioidi con buprenorfina e sull'utilizzo efficace degli strumenti di assessment (ASI, questionari, moduli, ecc.) in ambito clinico. Tutti i materiali prodotti dal Blending Team del NIDA sono disponibili gratuitamente (in lingua inglese) al seguente link.

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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Scientifiche invia articolo
 

Dipendenze Verona Congress: è internet il crocevia delle nuove droghe

fonte: ORD Veneto

01-06-2007 VERONA – Apertura della seconda giornata del Dipendenze Verona Congress dedicata alle nuove droghe, con il prof. Fabrizio Schifano, docente alla University of Hertfordshire School of Pharmacy. “Le nuove droghe passano da internet”, ha detto Fabrizio Schifano al termine di una relazione che ha ripercorso la storia dell'ingresso delle droghe nella società occidentale, dal '68 della East Coast americana e dei campus californiani (inizio epidemico ufficiale), agli anni '70 quando in Europa arriva l'eroina e nasce la distinzione concettuale fra droghe “leggere” (la marijuana rivestita di significato ideologico di contestazione promossa da “Re Nudo”) e droghe “pesanti” (l'eroina dei “tossici”, ai margini della società), al 1981 quando a San Francisco vengono diagnosticati i primi casi di AIDS e la fenomenologia di produzione e consumo di droghe cambia radicalmente: alla fine degli anni '80 prendono piede le sostanze che non si assumono per via endovenosa e che danno l'idea in chi le assume di non esserne dipendenti (cocaina, ecstasy in particolare) e sono funzionali al sistema sociale (la gente le assume nel fine settimana e il lunedì ritorna ai propri impegni professionali): in questa operazione i produttori di droghe ragionano e operano come aziende commerciali, diversificando i “mercati delle sostanze” per le diverse tipologie di “consumatori”; al volgere di millennio ecco le “eco-droghe”, sostanze stimolanti non sintetiche che si vendono su internet, per arrivare alla “cocaina nei cieli di Roma...”. Ed è proprio internet l'avamposto dei promotori e degli estimatori di queste nuove droghe, è attraverso i blog che si scambiano informazioni ed esperienze. Schifano chiude sottolineando che oggi vi è un profondo gap tra consumatori di nuove droghe e professionisti delle dipendenze e che i sistemi di allerta precoce sulla diffusione delle nuove sostanze devono tenere in considerazione soprattutto questi “segnali” che arrivano da internet, perché quello è il mondo dei nuovi consumatori: “dobbiamo monitorare internet con software complessi per scandagliare la rete in cerca di tutti i nuovi segnali e ridefinire gli indicatori da tenere in considerazione per far partire il processo di allerta: ad oggi di tutto quello che circola su internet non se ne parla nei dati di allerta rapida”.

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CATEGORIA: Nazionali TIPO: Congresso/convegno invia articolo
 

Droghe e patologie psichiatriche: i disturbi mentali quali fattori di rischio e conseguenza dell'uso di sostanze; l'utilità di una “diagnosi precoce” del minore - Dal Dipendenze Verona Congress

fonte: ORD Veneto

31-05-2007 VERONA - A distanza di pochi giorni dall'assemblea annuale degli psichiatri americani (APA) tenutasi a San Diego in cui Nora Volkov, direttore del National Institute on Drug Abuse (NIDA) ha esortato la comunità scientifica ad approfondire gli studi e le conoscenze in merito alla coesistenza sempre più frequente in un unico soggetto di patologie da uso e dipendenza da sostanze e disturbi mentali, oggi a Verona nel corso del congresso nazionale "Dipendenze: nuovi scenari e nuovi approcci", organizzato dal Dipartimento delle Dipendenze dell'Azienda ULSS 20 di Verona nell'ambito del Progetto Regionale Formazione Rete Informatica della Regione del Veneto, con il patrocinio del Ministero della Salute, del Ministero della Solidarietà Sociale e delle Nazioni Unite (Office of Drugs and Crime), alla luce dei più recenti studi e ricerche in materia è stato illustrato quanto i disturbi mentali possano costituire uno dei principali fattori di rischio per l'uso e la dipendenza da sostanze, ma anche le modalità in cui possono svilupparsi patologie psichiatriche in un soggetto quale conseguenza della ripetuta assunzione di droga. Fino al 60% dei giovani prova una o più droghe; di questi, la maggior parte ne fa uso temporaneo ma più del 20% ne diventa dipendente: perché? Perché è maggiormente “vulnerabile”, in ragione di fattori di rischio di natura bio-psico-sociale, fra i quali prevalgono alterazioni genetiche che portano a disfunzioni nel cervello della cosiddetta “cascata della gratificazione” e dei recettori della dopamina, predisponendo l'individuo alla ripetizione dell'uso della sostanza e a patologie di natura psichiatrica a esordio precoce quali disturbo dell'attenzione con iperattività (ADHD), disturbi dell'umore (depressione, ansia), disordini della condotta, disturbi dell'apprendimento, comportamento aggressivo, attaccamento disorganizzato, schizofrenia. Nel pomeriggio, in una relazione dal titolo "Vulnerabilità all'addiction: le prevenzioni" è stato spiegato come buona parte dei comportamenti anomali del minore che vengono sovente fraintesi da famiglia e scuola dando luogo a conflitti relazionali tradizionalmente considerati caratteristica del cosiddetto "disagio giovanile" sono probabilmente dovuti al disturbo da deficit dell'attenzione/iperattività, patologia che, se individuata nel minore problematico attraverso una diagnosi precoce con apposito screening (entro il 10° anno di età), può consentire un intervento adeguato e in tempo utile con trattamento a base farmacologica e supporto psicologico che, oltre a curare la patologia specifica, riduce significativamente il rischio dell'uso e dipendenza da sostanze, in quanto è noto che l'ADHD costituisce uno dei principali fattori di rischio che predispongono il giovane a un comportamento cosiddetto novelty seeking, sempre in cerca di esperienze forti e al limite della legalità quali l'uso di droghe e alcol. Secondo il modello della vulnerabilità, un soggetto ha maggiori probabilità di sviluppare un disturbo se è portatore di fattori di rischio non controbilanciati da fattori protettivi. I ragazzi che durante l’infanzia hanno sofferto di disturbi dell’attenzione e iperattività, disturbi della condotta, disturbo post traumatico hanno maggio probabilità di usare sostanze lecite/illecite nella preadolescenza. Di solito questi soggetti hanno genitori problematici che possono per esempio avere problemi di alcol o droghe. Dalle ultime indagini per esempio risulta che le donne che hanno fumato tabacco durante la gravidanza hanno maggior probabilità di avere figli con deficit attentivo rispetto alle donne che non hanno fumato. Le attività di prevenzione debbono dunque necessariamente essere rivolte ad ambienti quali l’ostetricia, la ginecologica, la pediatria. Si tratta di una rivoluzione nelle modalità di approccio alla prevenzione. Allo stesso tempo vi sono sostanze che con l'assunzione possono sviluppare nel soggetto disturbi di natura psichiatrica. Fra queste in particolare la cannabis, di cui studi sperimentali e ricerche hanno dimostrato la pericolosità per l'organismo, principalmente per l'effetto dannoso che questa ha sulle abilità cognitive e sul comportamento umano. La neurobiologia ha dimostrato che la ripetuta assunzione di cannabis compromette seriamente numerose funzioni cerebrali, fra cui le funzioni pre-attentive, l'attenzione automatica, l'attenzione sostenuta, il sistema esecutivo, il controllo del movimento oculare, le funzioni inibitorie, la memoria di lavoro, la memoria verbale, l'apprendimento; ed è noto anche che l’uso regolare di cannabis è predittivo e aumenta il rischio di schizofrenia e altri disturbi di natura psicotica di cui è stata dimostrata sperimentalmente una relazione biologica causale. E' di poche settimane fa la presentazione al meeting di Londra sulla salute mentale di uno studio condotto dai ricercatori del King's College che dimostra gli effetti psicotici temporanei dell'assunzione di cannabis, fra cui prevalgono allucinazioni e ideazione paranoide.

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