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Redazione a cura dello Staff DRONET.

risultati: 2501 - pag. 167 di 251
 

HCV: anche il "meth" ne promuoverebbe replicazione

fonte: Journal of Viral Hepatitis

07-03-2008 La metamfetamina favorisce la riproduzione del virus dell’epatite C nelle cellule del fegato umano
Mentre ci sono stati numerosi studi che hanno preso in considerazione l’epatite C in individui che si iniettano droga (soprattutto eroina)sono meno conosciuti gli effetti che hanno altre droghe, che non vengono iniettate nell’organismo ma vengono assunte in altre forme, in individui che presentano il virus dell’epatite C (HCV)
La metamfetamina è una sostanza stimolante che può essere assunta come una pillola, iniettata, fumata, sniffata o assunta in supposte.
Nel numero di aprile 2008 del Journal of Viral Hepatitis, il ricercatore L. Ye dell’ University of Pennsylvania School of Medicine con i suoi collaboratori ha pubblicato uno studio condotto in laboratorio che riguarda l’effetto della metamfetamina sul fegato. In particolare se la metamfetamina inibisca l’immunità nelle cellule ospiti, facilitando quindi la replica del virus dell’epatite C nelle cellule del fegato umano.

Risultati
1. La metamfetamina ha inibito lo scambio intracellulare dell’interferone alfa negli epatociti, ed è associato con un aumento del virus dell’epatite C nel fegato.
2. La metamfetamina inoltre compromette l’effetto dei farmaci anti HCV dell’interferone alfa ricombinante, come si usa per il trattamento dell’epatite C.
3. L’utilizzo di metamfetamina inibisce l’espressione del segnale trasduttore e attivatore della trascrizione 1 (STAT 1), un modulatore chiave delle risposte biologiche mediate dall’interferone.
4. La metamfetamina inoltre abbassa l’espressione dell’interferone regolatore del fattore 5 (IRF-5), un fattore transcrizionale che attiva il ciclo dell’interferone

Conclusioni
in conclusione gli autori hanno scritto: “questi risultati in vitro indicano che la metamfetamina compromette l’interferone alfa- mediato nella sua capacità di contrasto dell’infezione da HCV e che la metamfetamina potrebbe avere un ruolo di cofattore nell’immunopatogenesi dell’infezione di HCV.

Staff Dronet

CATEGORIA: Internazionali TIPO: Scientifiche invia articolo
 

Cocaina: studio neuroimmagine dimostra alterazioni corteccia prefrontale

fonte: Trinity College

06-03-2008 Uno studio condotto dal Trinity College di Dublino ha dimostrato che l’utilizzo di cocaina altera la corteccia pre-frontale, area del sistema nervoso centrale che controlla il comportamento e la capacità di prendere decisioni corrette. Grazie alla risonanza magnetica i ricercatori hanno potuto esaminare il sistema nervoso centrale di persone che facevano uso di cocaina mentre lavoravano al computer verificando che l’utilizzo di cocaina provoca delle alterazioni precise nell’area pre-frontale. In realtà un limite è non aver potuto verificare se le persone partecipanti allo studio presentassero delle modificazioni all’area pre-frontale precedenti all’uso di cocaina. Il fatto però che vi sia stata conferma rispetto alle modificazioni permette di considerare l’utilizzo di cocaina da un punto di vista differente: non più come un problema di tipo caratteriale, o sociale, ma piuttosto un problema di ordine sostanzialmente neurologico.
Secondo il dottor Hugh Caravan, ricercatore del Trinity College di Dublino non si deve lavorare sul piacere e sulle emozioni che interessano l’utilizzo di cocaina ma piuttosto occuparsi del modo in cui il cervello reagisce all’assunzione.

Staff Dronet

CATEGORIA: Europee TIPO: Scientifiche invia articolo
 

Il fumo influenzerebbe la capacità decisionale dei fumatori

fonte: Nature Neuroscience

05-03-2008 Secondo uno studio condotto dal neuroscienziato Read Montague del Baylor College of Medicine di Houston, Texas, la nicotina annebbierebbe le capacità decisionali dei fumatori. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience, ha provato come il fumo disturbi la capacità decisionale dei fumatori, soprattutto quando si devono prendere decisioni economiche. Nella ricerca sono stati coinvolti due gruppi, uno di fumatori e uno di non fumatori, in un gioco di investimento di denaro. I volontari dovevano investire denaro avendo a disposizione due tipologie di investimento alternativo. Alla fine veniva loro detto cosa avrebbero guadagnato grazie a ciò che avevano fatto o cosa avrebbero guadagnato se avessero scelto la forma alternativa. Ripetendo il gioco più volte i non fumatori imparavano a calibrare le proprie scelte sulla base delle precedenti puntate, tenendo conto dell'informazione che veniva fornita loro alla fine di ognuna per scegliere al meglio nella giocata successiva. I fumatori invece sembravano scegliere le giocate in maniera casuale, non tenendo conto delle informazioni acquisite in precedenza. Per i neuroscienziati era quindi facile predire come si sarebbero comportati i non-fumatori, ma impossibile predire il comportamento dei fumatori. Hanno quindi analizzato il cervello dei volontari durante il gioco con la risonanza magnetica, e hanno verificato che in entrambi, fumatori e non fumatori, le zone neuronali che si attivano sono identiche. La differenza è allora nel prendere in considerazione o meno le informazioni acquisite, e decidere quale comportamento tenere . E hanno concluso che sembra che il fumo appanni la capacità decisionale, impedendo al fumatore di adottare dei criteri di scelta adeguati.


Staff Dronet

CATEGORIA: Internazionali TIPO: Notizia/informazione invia articolo
 

Dalle neuroscienze nuove speranze per il trattamento del craving da cocaina

fonte: Nature Neuroscience

04-03-2008 I ricercatori della Boston University School of Medicine e Harvard Medical School, hanno condotto uno studio sperimentale, utilizzando cavie animali, in cui hanno dimostrato che il farmaco diltiazem, già utilizzato nel trattamento della pressione sanguigna alta, sarebbe in grado di contribuire alla riduzione del craving da cocaina. I risultati della ricerca verranno pubblicati sul numero di marzo della rivista Nature Neuroscience. In studi precedenti erano state indicate dopamina e glutammato quali sostanze chimiche che contribuiscono all'insorgenza del craving per la cocaina. In questa nuova ricerca si è visto che anche i canali del calcio contribuiscono al craving favorendo i collegamenti critici tra queste due sostanze. Il diltiazem, in quanto bloccante dei canali del calcio, interromperebbe il collegamento tra dopamina e glutammato. Secondo i ricercatori, il calcio svolge nel cervello un ruolo importante, nello sviluppo delle capacità cognitive e nella memoria, in quanto influenza un enzima chiamato giustappunto “memory molecule” (molecola della memoria). Secondo Chris Pierce, professore di farmacologia e psichiatria alla Boston University School of Medicine, “da questa ricerca emerge che la cocaina aumenta i livelli di questo enzima, e specificatamente nella zona del cervello deputata a motivazione e controllo. Quindi, l’uso della cocaina insegnerebbe al cervello a diventarne dipendente, con conseguente desiderio disfunzionale che spinge al consumo di questa droga”. Attualmente non ci sono terapie farmacologiche per la dipendenza alla cocaina. Lo scopo di studi come questo, secondo il professore Pierce, è proprio quello di arrivare, utilizzando modelli animali, a individuare i farmaci che potrebbero un giorno dimostrare anche sull'uomo la loro efficacia nell'inibizione dell’uso di cocaina.

Staff Dronet

CATEGORIA: Internazionali TIPO: Scientifiche invia articolo
 

L'epidemia di AIDS che ha caratterizzato questo secolo potrebbe non essere stata la prima

fonte: Plos Phatogens

04-03-2008 I ricercatori della Harvard Medical School hanno svolto una serie di studi da cui hanno concluso che l’epidemia di AIDS che ha caratterizzato questo secolo non è stata in realtà la prima nella storia evolutiva dei primati e dell’uomo. iI risultati sono stati pubblicati sulla rivista Plos Phatogens. La ricerca ha preso in esame un gene nelle scimmie asiatiche note con il nome di Macaco. Il gene identificato, TRIM5-CypA, si è evoluto come difesa contro i lentivirus, il gruppo di virus a cui appartiene anche l'HIV. Il TRIM5-CypA è un ibrido di due geni cellulari esistenti, TRIM5 e CypA. La combinazione di questi due geni è in grado di bloccare l’infezione del virus dell’HIV. Quello che ha sorpreso i ricercatori è che è la seconda volta che identificano nelle scimmie un gene analogo. La prima volta era stata nel 2004, ed era stato identificato il TRIMCyp, in specie viventi nel Sud america. Se sequenze simili di DNA si trovano in uno stesso punto nel genoma di due specie differenti normalmente significa che le due specie si sono evolute da un antenato comune. In realtà questo non sembra essere il caso dei geni TRIM5-CypA e TRIMCyp. Infatti il gene TRIM5-CypA non è stato rinvenuto in alcuna specie altra specie correlata al macaco asiatico, mentre il gene TRIMCyp non è stato rinvenuto in alcuna altra specie strettamente imparentata all'aoto dalle tre strisce. Secondo i ricercatori quindi i due geni si sono evoluti in momenti differenti, perché anche se le proteine prodotte sono molto simili, a livello di DNA ci sono delle differenze. Da questo studio emerge però che la combinazione dei geni TRIM5 e CypA dia un buon vantaggio evolutivo alle specie che la portano, quindi probabilmente ha preservato la specie da infezioni a virus che probabilmente potevano essere gli antenati del moderno virus dell’AIDS. Questo fa pensare che anche in passato ci siano state epidemie analoghe causate da potenti virus.

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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Scientifiche invia articolo
 

Sigarette: studio UK conferma influenza "stile genitoriale" su comportamento figli

fonte: Addiction

04-03-2008 I risultati di uno studio britannico pubblicato su Addiction, Vol 103, pages 496-501. dimostrano che il comportamento dei genitori (biologici o meno) rispetto al tabacco influenza il comportamento dei figli durante l’età dell’adolescenza. Infatti dallo studio emerge che i figli di fumatori avrebbero maggiore probabilità di iniziare a fumare rispetto ai figli di non fumatori. La ricerca è stata condotta dal Cancer Research UK's Health Behaviour Research Centre e dall’ University College London , e si è basata su un campione di 650 studenti provenienti da 36 scuole del sud di Londra. Gli studenti hanno partecipato ad uno studio longitudinale della durata di cinque anni, 'Health and Behaviour in Teenagers Study' (HABITS) e sono stati valutati all’età di 11-12 anni e 15-16 anni. I ragazzi dovevano segnalare la loro condizione di fumatori, condizione che era anche verificata attraverso una misurazione di cotinine presente nella saliva, un sottoprodotto di nicotina indicatore dell’esposizione al fumo di tabacco. Inoltre dovevano dichiarare se i loro genitori fumassero, o se vivessero con un solo genitore e se quel genitore fosse un fumatore o meno. Jennifer Fidler, ricercatore, afferma che "i risultati di questo studio confermano l’importanza dell’influenza sociale nel cominciare a fumare per un adolescente: se uno dei due genitori che vivono con l’adolescente fuma, è molto più probabile che anche il ragazzo fumi, rispetto a ragazzi figli di non fumatori. ". Secondo Jean King, direttore del Cancer Research UK's director of tobacco control, questi dati sono molto importanti e sono da tener presenti, perché il fumare è un problema molto serio per i giovani, infatti il 16% dei maschi e il 24% delle ragazze adolescenti sono fumatori. Questo comporta che abbiano molte più probabilità di avere un cancro, favorito dall’aver cominciato a fumare molto presto. Sarebbe molto importante quindi che gli adulti venissero sensibilizzati rispetto all’importanza del loro ruolo educativo nei confronti dei più giovani e che magari provassero a rinunciare al fumo

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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Scientifiche invia articolo
 

Cocaina: allarme per aumento mortalità fra consumatori

fonte: HERTFORDSHIRE UNIVERSITY OF PHARMACY

22-02-2008 La notizia arriva dalla Gran Bretagna, ma interessa tutta l'Europa. Il prof. Fabrizio Schifano dell’Hertfordshire's School of Pharmacy ha pubblicato sul Journal of Psychopharmacology, uno studio dove dimostra che tra il 1990 e il 2004 sono morte 1022 persone utilizzatrici di cocaina o crack. In questo studio correlazionale e descrittivo, il prof. Schifano ha analizzato tutti i certificati di morte in cui veniva menzionato l’utilizzo di cocaina nell’ultimo anno di vita del paziente. I fattori valutati sono stati: richiesta di trattamento, numero di recidive per uso di droga, ischemie cerebrali, prezzi medi della cocaina e purezza della sostanza. Ha verificato inoltre che durante i quindici anni presi in esame nella ricerca, la cocaina è risultata progressivamente sempre più disponibile sul mercato della droga. Con il passare del tempo, la diminuzione del prezzo ha facilitato l’accesso alla sostanza da parte di una popolazione sempre più ampia di “consumatori”. Infine ha rilevato una diminuzione di “qualità” della droga, che porterebbe i consumatori di cocaina ad assunzioni sempre più massicce per ottenere l’effetto desiderato. “Il fatto che più persone sperimentino cocaina o crack - ha dichiarato Schifano – è una seria preoccupazione: la maggiore disponibilità non solo facilita l'iniziazione all'uso e la conseguente cronicizzazione del consumo, ma tende a far aumentare pericolosamente le malattie e i decessi legati all’uso della droga”.

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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Scientifiche invia articolo
 

Cocaina: lo “striato” avrebbe ruolo chiave in craving e dipendenza

fonte: Cell Press

19-02-2008 Barry Everitt e David Belin del Department of Experimental Psychology, University of Cambridge, Cambridge, UK. hanno pubblicato sulla rivista Neuron a cura di Cell Press i risultati di uno studio in cui hanno identificato i cambiamenti che avvengono nei circuiti cerebrali e che portano le persone a provare un forte “craving” verso la droga, anche quando questo risulta auto-distruttivo. Dai risultati dello studio è emerso il ruolo chiave del “corpo striato”, regione del cervello parte del circuito della gratificazione. Era già noto da studi precedenti che quando la ricerca di droga si trasforma da un comportamento diretto a uno scopo a un fenomeno compulsivo il controllo sul comportamento passava dalla zona ventrale dello striato a quella dorsale.
I ricercatori hanno verificato come il cervello impari ad associare stimoli neuronali emozionali con stimoli sensoriali con valore soggettivo. L’attivazione di questa zona sarebbe legata a comportamenti che le persone mettono in atto. Nei loro esperimenti gli studiosi hanno addestrato dei ratti a premere una leva per ottenere cocaina; contemporaneamente veniva attivato un segnale luminoso. I ricercatori hanno manipolato l’esperimento in modo tale da indurre il ratto ad avere un comportamento compulsivo nel premere la leva per ottenere cocaina. Interrompendo con metodo chirurgico e farmacologico le connessioni funzionali fra la regione striata dorsale e la regione striata ventrale, hanno scoperto che nei ratti si verificava una diminuzione della ricerca di droga, rispetto ai ratti non sezionati. In una seconda serie di esperimenti, i ricercatori hanno dimostrato che un ratto “disconnesso” in realtà può mettere in atto gli stessi comportamenti dei ratti non “disconnessi”, purché gli venga insegnato. I ricercatori hanno concluso che “il corpo striato, elemento chiave nella organizzazione funzionale del sistema nervoso centrale, risulta una componente molto importante anche nei meccanismi di sviluppo della tossicodipendenza”.

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CATEGORIA: Internazionali TIPO: Scientifiche invia articolo
 

Studio sull'uso di tabacco e mortalità in India

fonte: The New England Journal of Medicine

15-02-2008 Una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine stima che dal 2010 in poi, ci potrebbero essere un milione di morti l’anno in India per il fumo. Entro pochi anni, secondo i ricercatori, il fumo potrebbe essere la causa del 20% di tutti i decessi maschili e del 5% dei decessi femminili in una popolazione di età compresa tra i 30 e i 69 anni. Gli studiosi hanno anche rilevato delle differenze tra i diversi tipi di sigaretta fumata: chi fuma le sigarette girate a mano, tipiche dell’India, perde circa sei anni di vita, chi fuma le tradizionali “europee” perde fino a dieci anni. Lo studio ha impiegato novecento ricercatori e ha riguardato 1,1 milioni di persone. I risultati sono stati drammatici: tra tutti i decessi per fumio il 20% è stato causato da malattie vascolari, il 38% tubercolosi e il 32% cancro.
I risultati di questa ricerca mettono in evidenza la necessità, da parte del governo, di provveder al più presto con misure preventive e di controllo sull’uso del tabacco, soprattutto sulle persone maggiormente indigenti e analfabete.
Per leggere lo studio in versione integrale scaricare il file allegato

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Pubblicato un nuovo report a cura dell'OMS sull'utilizzo del tabacco nel mondo

fonte: World Health Organization

08-02-2008 Sul portale del World Health Organization è stato pubblicato il nuovo report sull'uso di tabacco nel mondo.
La relazione presenta la prima analisi globale dell'utilizzo di tabacco a livello mondiale e le modalità di controllo sulla base di dati provenienti da 179 paesi.
Secondo il direttore generale dell'Oms, Margaret Chain, a causa del tabacco nel XX secolo ci sono state cento milioni di morti, e se gli attuali trend continueranno ci sarà oltre un miliardo di vittime nel XXI secolo. Se non si porrà rimedio il numero delle vittime raggiungerà gli otto milioni all'anno nel 2030,e l'80% si verificherà nei Paesi in via di sviluppo.
Per leggere il report in versione integrale cliccare qui .

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