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Redazione a cura dello Staff DRONET.

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Più si beve e più il cervello si restringe

fonte: Archives of neurology

16-10-2008
La riduzione del volume cerebrale è un fenomeno correlato ai processi di invecchiamento (riduzione dell’1,9% per decade), di cui però anche il consumo di alcol potrebbe essere responsabile. Infatti numerosi studi hanno dimostrato che un consumo eccessivo di alcol è causa di atrofia cerebrale, mentre non sono noti gli effetti di un consumo moderato.
Sulla base di queste premesse un gruppo di ricercatori, coordinato da Carol Ann Paul del Wellesley College del Massachusetts, ha pubblicato uno studio su Archives of Neurology che ha coinvolto 1839 adulti americani e ha esaminato le loro abitudini di consumo alcolico rispetto all’età, al sesso, al livello di istruzione, al peso e all’indice di massa corporea e sottoponendoli a imaging a risonanza magnetica per controllare il volume del cervello. La maggior parte dei partecipanti ha riferito un consumo moderato di alcol, e la prevalenza di consumo risulta maggiore tra i maschi.
I risultati mostrano una correlazione negativa tra assunzione di bevande alcoliche e volume del cervello, associazione particolarmente forte per le femmine, probabilmente a causa di fattori fisiologici quali una minore massa corporea rispetto ai maschi e una maggiore suscettibilità agli effetti dell’alcol. Ne consegue che le persone astemie sono esposte ad una minore riduzione del volume cerebrale rispetto ai consumatori moderati e, quindi, anche un consumo moderato di alcol può avere effetti dannosi a livello cerebrale.


Staff Dronet

CATEGORIA: Internazionali TIPO: Notizia/informazione invia articolo
 

Identificata la regione cromosomica responsabile della dopamina

fonte: PLoS ONE

13-10-2008
I neuroni dopaminergici mediano gli effetti delle sostanze d’abuso sul cervello che, direttamente o indirettamente, agiscono sul sistema della gratificazione stimolandolo con i neurotrasmettitori della dopamina e portando l’assuntore ad uno stato di euforia.
I ricercatori del Cellular Neurobiology Research Branch del NIDA hanno identificato l’espressione di numerosi geni durante lo sviluppo di neuroni dopaminergici a partire da cellule staminali embrionali umane. Tali cellule racchiudono un fortissimo potenziale determinato dalla capacità di trasformarsi in qualunque altro tipo di cellula, compresi i neuroni dopaminergici.
Conducendo esperimenti in laboratorio, i ricercatori hanno provocato una differenziazione cellulare e hanno utilizzato come marcatore della differenziazione una proteina presente sulla superficie delle nuove cellule, scoprendo che l’espressione dei geni contenuti nelle cellule differenziate era diversa rispetto a quella presente nelle cellule indifferenziate. In particolare, cinque dei geni espressi in maggior misura erano raggruppati in una piccola regione collocata alla fine del cromosoma 11. Tale regione contiene differenti geni, molti dei quali svolgono un ruolo importante rispetto alla dopamina, compresa l’espressione dell’enzima tiroxina idrossilasi implicata nella sintesi della dopamina, così come altri geni che regolano la differenziazione dei neuroni dopaminergici.
I risultati dello studio suggerirebbero quindi che la regione del cromosoma 11 sarebbe coinvolta nella regolazione del processo di differenziazione cellulare a partire dalla quale cellule indifferenziate si trasformano in precursori neuronali e neuroni dopaminergici. La comprensione delle caratteristiche dei neuroni dopaminergici potrebbe essere cruciale per mettere a punto nuove strategie terapeutiche e neuroprotettive.


Staff Dronet

CATEGORIA: Internazionali TIPO: Notizia/informazione invia articolo
 

Cocaina e anomalie strutturali del cervello: conseguenza o predisposizione?

fonte: Neuron

10-10-2008
Anomalie strutturali del cervello di persone con dipendenza da cocaina potrebbero essere spiegate in parte dall’uso di droga e in parte da una predisposizione genetica alla dipendenza da sostanze. Lo studio, pubblicato su Neuron di ottobre, riproduce la topografia cerebrale di tossicodipendenti e fornisce nuove prospettive sugli effetti della cocaina nei processi cognitivi e motivazionali mediati dal sistema neuronale.
Confrontando lo spessore della regione neocorticale e quella paralimbica in un gruppo di tossicodipendenti e in un gruppo di controllo, i ricercatori hanno scoperto che quattro delle diciotto strutture deputate alla regolazione della gratificazione e dell’attenzione sono significativamente più sottili nei tossicodipendenti. Un assottigliamento della corteccia risulta inoltre correlato a una limitata capacità di esprimere preferenze e prendere decisioni e una minore capacità di attenzione.
Le differenze di spessore della corteccia prefrontale dipendono dall’esposizione nel tempo all’uso di droghe, ma il dottor Breiter - coordinatore dello studio - ha osservato alcune differenze nella simmetria delle regioni corticali che suggerirebbero una predisposizione genetica all’uso di sostanze. Infatti, i ricercatori hanno riscontrato una simmetria alterata nell’emisfero destro/sinistro della corteccia frontale associata anche ad un’alterazione delle capacità di giudizio e decisionali.
In conclusione lo studio dimostrerebbe che modificazioni strutturali del cervello in persone con dipendenza da cocaina potrebbero essere state causate dall’esposizione alla droga, ma potrebbero anche essere il risultato di una pre-esistente vulnerabilità all’uso di sostanze.


Staff Dronet

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Internet condiziona l’uso di sostanze psicoattive?

fonte: Office of National Drug Control Policy

08-10-2008
I video scaricabili su internet con “protagonisti” che assumono droghe incoraggerebbero i giovani spettatori a imitare tali comportamenti e a utilizzare droghe e alcol. Nel solo mese di agosto è stato stimato un accesso ai filmati in rete da parte di oltre 8,9 milioni di adolescenti.
Un’indagine on-line condotta da Office of National Drug Control Policy (USA) nel mese di giugno e appena pubblicata, ha osservato le abitudini in rete dei giovani adolescenti e i siti più frequentati e ne ha monitorato l’esposizione a contenuti riferiti alle sostanze d’abuso. Lo studio rivela che un ragazzo su venti che sta guardando video in rete, facilmente nell’arco temporale di un mese incapperà in uno o più filmati sulle droghe. Preoccupante inoltre l’età precoce di esposizione, infatti più di un terzo dei giovani esposti (35%) ha un’età inferiore ai 16 anni. I video scaricabili da internet mostrano spesso (nel 40% dei casi) riferimenti espliciti all’uso di droghe o a episodi di ubriacature.
L’età media di primo approccio a materiali pornografici tramite internet è di 11 anni, e il 9% degli adolescenti che utilizzano siti di social network affermano che qualcuno ha pubblicato in rete una loro foto imbarazzante senza permesso. Inoltre i genitori risultano spesso ignari di questo potenziale pericolo e dell’influenza che internet può esercitare sui giovani nel spingerli a sperimentare droghe e alcol, tant’è che l’uso di sostanze psicoattive non rientra nella lista delle principali preoccupazioni rispetto all’accesso a internet da parte dei propri figli.


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Droghe e invecchiamento del cervello

fonte: NIDA

07-10-2008
L’utilizzo di sostanze d’abuso da parte della popolazione di mezza età (44 - 62 anni) rappresenta un aspetto poco approfondito dalla ricerca, perché fino a poco tempo fa le prevalenze d’uso corrispondenti a questo target erano molto ridotte. Tuttavia, l’invecchiamento della generazione americana dei “baby boomer” potrebbe condurre ad un aumento consistente dell’uso di sostanze illecite e di farmaci tra queste persone.
Uno studio condotto da Dowling G.J. del National Institute on Drug Abuse, pubblicato su Neuropsychopharmacology, si è proposto di analizzare gli effetti delle droghe sull’invecchiamento del cervello. Infatti, mentre è stato appurato che alcuni dei sistemi neuronali coinvolti nell’uso di droghe sono interessati dai processi di invecchiamento, non è ancora chiaro se questi cambiamenti riguardino anche la sensibilità alle droghe.
L’indagine dimostrerebbe che la suscettibilità alla tossicità di alcune droghe aumenterebbe con l’età. Gli effetti delle sostanze possono avere un impatto anche sui disturbi di salute che aumentano in prevalenza con l’età quali, ad esempio, disturbi cardiaci, renali, respiratori, diabete. Inoltre, considerato che al crescere dell’età il metabolismo è rallentato e lo smaltimento fisiologico delle sostanze si riduce, l’assunzione di farmaci e droghe può comportare serie conseguenze per la salute.
Attualmente esistono pochi strumenti diagnostici per individuare questa tipologia di consumatori, aggravando la difficoltà che i medici generici possono incontrare nel formulare tale diagnosi. Emerge quindi la necessità di sviluppare criteri di diagnosi e trattamenti terapeutici adeguati a questo specifico target.


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Alcol: influenze culturali sui consumi dei giovani

fonte: International Center for Alcohol Policies

02-10-2008
L’uso di alcol tra i giovani è un fenomeno molto diffuso che sembrerebbe fortemente influenzato dal contesto culturale in cui si colloca, piuttosto che da fattori quali l’età o il genere.
Un nuovo studio promosso da International Center for Alcohol Policies (ICAP) USA, ha individuato analogie sorprendenti sui comportamenti d’uso di alcolici da parte di giovani in differenti parti del mondo. L’indagine ha coinvolto giovani provenienti da sette differenti stati, esaminando le motivazioni, le opinioni, le analogie e le differenze culturali in merito al “bere estremo”. Tra le analogie comuni a tutti i gruppi analizzati è emerso che spesso il primo approccio al consumo di alcolici avviene in famiglia durante particolari ricorrenze, in un contesto piacevole e di socializzazione. L’uso di alcolici è frequente soprattutto in occasioni mondane quali feste o eventi sportivi e nei locali di ritrovo, quali bar o pubs.
Fiona Measham, che ha coordinato l’indagine, afferma che troppi giovani ricercano intenzionalmente l’ubriacatura come una forma di “edonismo calcolato” influenzato da fattori strutturali e culturali legati ai differenti paesi di origine. Per questo motivo i ricercatori propongono una nuova terminologia, “extreme drinking” letteralmente “bere estremo”, per definire il fenomeno del consumo eccessivo di alcol tra i giovani Questa definizione non solo tiene conto della quantità di alcol assunta ma, soprattutto, degli atteggiamenti che sottostanno a comportamenti di consumo eccessivi e sfrenati.


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Sigarette light? Effetti neuronali come le sigarette normali

fonte: International Journal of Neuropsychopharmacology

01-10-2008
Le grandi industrie del tabacco da sempre pubblicizzano le sigarette “light” - con un contenuto inferiore di nicotina rispetto alle sigarette normali - come meno dannose per la salute dei fumatori. In realtà, un recente studio della University of California di Los Angeles dimostrerebbe che la quantità di nicotina che raggiunge il cervello è molto simile a quella delle sigarette normali.
L’indagine, pubblicata su International Journal of Neuropsychopharmacology e coordinata da Arthur Brody e dal suo gruppo di ricerca, ha evidenziato che le sigarette a basso contenuto di nicotina agiscono a livello neuronale come le sigarette normali, impegnando una percentuale significativa di recettori per la nicotina. Le sigarette light contengono 0,6 – 1 milligrammi di nicotina, mentre le sigarette normali ne contengono 1,2 – 1,4 milligrammi. I ricercatori hanno esteso l’analisi anche alle sigarette denicotizzate, con una percentuale minima di nicotina (0,05 mg), attualmente impiegate come possibile supporto nelle terapie per smettere di fumare.
Sono state utilizzate tecniche di neuro–imaging (PET) che hanno permesso di individuare la quantità di recettori per la nicotina impegnati in tre differenti situazioni: non fumo, fumo di sigaretta denicotizzata e fumo di sigaretta light. Le scansioni ottenute hanno permesso di stabilire che livelli bassi di nicotina sono sufficienti per attivare una percentuale ragguardevole di recettori per la nicotina. Infatti, il fumo di sigaretta denicotizzata coinvolge il 26% dei recettori, mentre una sigaretta light ne impegna il 79%.


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NIDA: scoperti 89 geni legati alla dipendenza

fonte: NIDA

29-09-2008
Dopo la prima sperimentazione di droga, i geni sarebbero responsabili di una maggior influenza sul rischio di sviluppare uno stato di dipendenza. Nell’ultimo decennio i ricercatori sono riusciti ad identificare meticolosamente un certo numero di geni corresponsabili della vulnerabilità alla dipendenza da sostanze psicoattive. Ma recentemente il dottor Gorge Uhl, che collabora con il NIDA nell’ambito del Intramural Research Program (IRP) in Maryland, utilizzando una tecnologia avanzata per l’identificazione dei geni associati alle malattie, ha legato 89 geni all’uso di droghe e alla dipendenza.
Utilizzando studi di associazione genomica (GWAS), i ricercatori sono stati in grado di confrontare migliaia di genomi umani e di stabilire associazioni tra varianti geniche in popolazioni di diversa etnia. I risultati dello studio, commenta Uhl, non sostengono che gli individui che presentano una o più varianti predisponenti siano destinati a sviluppare una dipendenza o ad utilizzare droghe. Lo stato di dipendenza è spiegato da molteplici fattori, differenti geni devono interagire con fattori ambientali per produrre la patologia. Nessun gene, considerato singolarmente, è in grado di provocare la dipendenza, ma l’effetto combinato può spiegarne la vulnerabilità.
I risultati dello studio ampliano notevolmente il contributo attribuito ai geni quali fattori di potenziale influenza d’uso di droga. I ricercatori ora dovranno dedicarsi ad analizzare come ciascuno degli 89 geni potrebbe influenzare la risposta alla droga. I primi risultati indicherebbero che molti dei geni identificati prenderebbero parte ai processi di formazione e trasformazione della memoria.


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Droga: nuovo trend in crescita di sieropositivi HIV

fonte: The Lancet

26-09-2008
L’assunzione di droga per via iniettiva rappresenta una delle principali cause di trasmissione del virus HIV in tutto il mondo. Nell’ultimo decennio è cresciuta la percentuale di consumatori di droga per via iniettiva, al punto che la proporzione di sieropositivi per HIV in alcuni stati supera il 40%*. L’alta prevalenza dell’HIV nelle popolazioni di assuntori per via iniettiva rappresenta una reale sfida di carattere sanitario a livello mondiale.
Alla luce della crescente diffusione del virus HIV per via iniettiva, il dottor Bradley Mathers del National Drug and Alcohol Research Centre, Università di New South Wales, Sydney, Australia, e il suo gruppo di ricerca hanno coordinato un nuovo studio di prossima uscita su Lancet che si propone di quantificare il fenomeno. La rassegna sistematica identifica 148 paesi in cui è diffuso l’uso di droga per via iniettiva, rispetto all’ultima indagine condotta nel 1998 che ne aveva identificati 129; di questi 120 riferiscono la diffusione del virus HIV rispetto ai 103 precedenti. È stato possibile accertare le stime di prevalenza dell’uso di droga per via iniettiva solo in 61 stati, cui corrisponde il 77% della popolazione mondiale di età compresa tra i 15 – 64 anni.
Secondo tali stime 15,9 milioni di persone nel mondo assumerebbero droga per via iniettiva; la maggior concentrazione si è riscontrata in Cina, Stati Uniti e Russia, dove la prevalenza media di sieropositivi per HIV è, rispettivamente, del 12%, del 16% e del 37%. A livello mondiale, circa 3 milioni di persone sarebbero affette da HIV. Tuttavia, gli autori denunciano una penuria di dati soprattutto rispetto al continente africano, dove sussistono reali fattori di rischio per la trasmissione del virus. Inoltre, proseguono, la qualità e la quantità di dati disponibili a proposito è inadeguata augurandosi un maggior impegno nello studio di un fenomeno attuale e in espansione.

*Estonia 72,1%, Argentina 49,7%, Brasile 48%, Kenya 42,9%, Birmania 42,6%, Indonesia 42,5%, Tailandia 42,5%, Ucraina 41,8%, Nepal 41,4%.


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Alcol e genetica

fonte: Addiction

24-09-2008
L’alcolismo è una sindrome patologica cronica di enorme impatto sulla salute in termini di mortalità e morbilità e di costi sociali, di cui sono affette 2 milioni di persone nel mondo. La comprensione delle basi genetiche dell’alcolismo rappresenta un passo cruciale per lo sviluppo di strategie di prevenzione e trattamenti terapeutici personalizzati. Per questo motivo è importante identificare i geni che predispongono all’alcolismo, i geni che mitigano le conseguenze dell’assunzione di alcol e la risposta fisiologica ai trattamenti, i meccanismi attraverso i quali i geni influenzano il comportamento e interagiscono con i fattori ambientali.
Lo studio proposto da Ducci e Goldman, del National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism, e pubblicato su Addiction di settembre, affronta una rassegna dei differenti approcci scientifici adottati per lo studio delle basi genetiche dell’alcolismo. I fattori genetici sono responsabili di oltre il 50% della varianza della predisposizione all’alcolismo. I geni responsabili della cosiddetta predisposizione o suscettibilità genetica all’alcolismo agiscono a livello farmacocinetico e farmacodinamico, moderando la trasmissione neuronale del piacere, del controllo comportamentale e della capacità di recupero. Notevoli progressi sono stati compiuti negli ultimi anni impiegando tecniche di neuroimaging che permettono di studiare i meccanismi neuronali alla base delle emozioni, della gratificazione e del craving, oltre che collegare i geni alla trasmissione neuronale da cui derivano i comportamenti. Un altro aspetto fondamentale per la ricerca riguarda la comprensione dell’interazione tra geni e fattori ambientali, oltre che lo studio delle funzioni genomiche e dei meccanismi attraverso i quali le variazioni geniche influenzano le funzioni proteiche.


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