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11-10-2005
Oltre il vaccino anti AIDS
Contro l'infezione da HIV si studiano anche rimedi empirici
Fonte: Tempo Medico
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Titolo originale e autori: -Maria Chiara Montani - Tempo Medico n. 799 

Sono passati 21 anni dall'identificazione del virus HIV e ancora non è stato messo a punto un vaccino: niente di strano, se si pensa che tra la scoperta delle cause e l'ottenimento del vaccino sono trascorsi 105 anni per il tifo, 47 per la polio e 16 per l'epatite B. Eppure quando per la prima volta è stato isolato il virus HIV, nel lontano 1984, l'allora ministro della sanità statunitense Margaret Heckler aveva promesso, con eccessivo ottimismo, che la sperimentazione del primo vaccino contro l'AIDS sarebbe partita nel giro di due anni.
Ancora oggi il virus HIV colpisce ogni giorno quasi quindicimila persone, soprattutto giovani, ma, nonostante circa trenta vaccini anti-AIDS siano stati inseriti in sperimentazioni più o meno promettenti, "sappiamo che dovremo aspettare almeno una decina di anni per poter avere un vaccino efficace e sicuro". Lo ha dichiarato a Science nelle scorse settimane Helene Gayle, a capo del programma per l'HIV della Fondazione Bill e Melinda Gates.
Due gli ostacoli maggiori nella strada verso la messa a punto del vaccino, secondo una revisione apparsa sul New England Journal of Medicine: la difficoltà nell'arruolamento di volontari per le sperimentazioni (secondo un recente sondaggio solo il 29 per cento della popolazione statunitense incoraggerebbe un amico o un parente a offrirsi come volontario) e la mancanza di coinvolgimento delle grandi aziende farmaceutiche. "I finanziamenti per la ricerca del vaccino contro l'AIDS vengono quasi interamente dai National Institutes of Health" afferma Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases statunitense, che però sottolinea come "prima o poi anche le industrie farmaceutiche dovranno entrare in campo". Non solo: negli Stati Uniti gli investimenti dedicati alla lotta contro l'AIDS sono solo l'1 per cento della spesa totale in ambito sanitario.
La ricerca intanto sta esplorando nuove strade: fallite molte strategie per ottenere il classico vaccino preventivo da somministrare a persone sieronegative, alcuni gruppi di scienziati si stanno concentrando sulla messa a punto di vaccini terapeutici. Questi vaccini (due sono già entrati nella seconda fase di sperimentazione) non impediscono l'infezione ma, agendo sui linfociti T che devono individuare e uccidere le cellule infettate da HIV, limitano la replicazione del virus e rallentano l'avanzare della malattia. Purtroppo non esistono a oggi casi documentati di pazienti che, dopo avere contratto il virus HIV, siano riusciti a debellarlo.
Per un efficace contenimento della malattia, è importante l'individuazione dei principali canali di contagio: studi recenti, condotti da Lawrence Corey dell'Università di Washington, sembrano suggerire che le mucose intestinali siano uno dei primi siti in cui avviene la replicazione del virus. Oltre il 90 per cento dei pazienti, infatti, ha contratto l'infezione attraverso rapporti sessuali: il virus attraversa probabilmente le mucose presenti nel tratto genitale e nel retto. Intervenendo sull'intestino potrebbe essere possibile bloccare l'infezione nelle prime due settimane dal contagio ed evitare così la diffusione del virus da parte di persone che ancora non sanno di avere contratto il virus.
In attesa che nuove strade vengano esplorate, numerosi gruppi di ricerca - molti finanziati proprio dalla Fondazione Gates - si stanno concentrando sull'individuazione di altre possibilità di prevenzione al contagio da HIV. Da uno studio condotto in Uganda da Bertran Auvert dell'Università di Versailles, per esempio, è emerso che la circoncisione garantisce una protezione dal contagio efficace al 65 per cento in caso di rapporti sessuali con una donna sieropositiva. Un risultato incoraggiante che in Italia è passato quasi sotto silenzio: i dati sono stati resi pubblici a una conferenza internazionale in estate. La circoncisione, che pure avrebbe il vantaggio di essere effettuata una sola volta nella vita, proprio come un vaccino, ha un ovvio limite: si può applicare solo alla popolazione di sesso maschile.
Per fortuna le alternative non mancano: anche l'utilizzo del diaframma come anticoncezionale per la donna o di gel antimicrobici per l'igiene intima potrebbero essere, secondo studi in corso, mezzi efficaci per limitare il contagio da AIDS attraverso un rapporto sessuale. Alcuni scienziati hanno poi trovato una relazione tra l'infezione da HIV e l'infezione da Herpes simplex virus-2: Connie Celum dell'Università di Washington sta verificando l'efficacia del trattamento con una dose giornaliera dell'antivirale acyclovir per prevenire le recidive erpetiche e limitare le infezioni da HIV.
Attenzione però, avvertono gli psicologi: non è tutto oro quello che luccica. Se le persone che adottano gli stili di vita consigliati per la prevenzione si sentissero troppo sicure, potrebbero lasciarsi coinvolgere in rapporti sessuali non sicuri e in comportamenti scorretti e allora le probabilità di contrarre l'HIV aumenterebbero enormemente. A parte la circoncisione, poi, tutti gli altri interventi preventivi devono essere ripetuti più volte e consapevolmente dal soggetto a rischio e questo richiede un grande sforzo di responsabilizzazione.
Insomma, in attesa di un improbabile vaccino è importante non abbassare la guardia.
Redattore: Staff Dronet
Indirizzo: Osservatorio Regionale sulle Dipendenze Regione Veneto, via Germania 20, 37135 Verona
Email: info@dronet.org
 

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