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22-04-2008
Uso e abuso di farmaci fra ricercatori: questioni di etica
Fonte: Nature
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Barbara Sahakian e Sharon Morein-Zamir hanno condotto uno studio che ha coinvolto 1427 scienziati di 60 paesi, la maggior parte provenienti da Stati Uniti, Regno Unito e Gran Bretagna. Le due ricercatrici hanno aperto un forum sulla rivista Nature, all’interno del quale potevano, in maniera del tutto anonima, gli scienziati di tutto il mondo rispondere ad alcune domande riguardo il loro utilizzo di farmaci. L’indagine si è concentrata su tre sostanze in particolare: il metilfenidato MPH, che viene assunto normalmente in ambito accademico per ampliare le prestazioni cognitive, il Modafinil, uno stimolante mentale e i beta-bloccanti, che spesso vengono utilizzati come ansiolitici e per contrastare l’ipertensione..
L’80% degli scienziati che ha partecipato al sondaggio ha affermato di essere favorevole all’assunzione di questi medicinali e il 70% ha assicurato di farne uso normalmente. Tra tutti gli studiosi che volontariamente hanno aderito alla ricerca, uno su cinque ha ammesso di fare uso di farmaci con lo scopo di migliorare e potenziare le proprie prestazioni, in particolare la concentrazione e la memoria. Questi dati, emergono da un sondaggio volontario cui hanno partecipato in maniera del tutto casuale un grosso campione di studiosi. Solleva però un interrogativo etico molto importante. L’argomento, sempre più dibattuto, riguarda la nuova disciplina che si chiama etica e neuroetica, e riguarda proprio i limiti che dovrebbe comunque porsi una ricerca neuroscientifica sull’uomo.
Come è possibile infatti che per emergere, o per fronteggiare lo stress e potenziare le nostre capacità si sia disposti ad ingerire delle sostanze, soprattutto considerando che ad esempio, il metilfenidato MPH è simile alle anfetamine? Non è solo un problema di ricerca di scorciatoie, ma piuttosto un esempio di come sia sempre più sottile il confine tra malattia mentale e benessere, e di come ci sia una certa accettazione culturale del fatto che sia lecito aiutare il nostro corpo ad aumentare le prestazioni. Forse dovremmo riflettere anche sul fatto che siamo forse diventati incapaci di accettare i nostri limiti.
Uno degli intervistati ha affermato che “è mio diritto utilizzare tutte le risorse disponibili per fare il bene dell’umanità. Se questi farmaci possono contribuire a servire il genere umano, sono autorizzato ad assumerli”. Il fatto che gli stessi scienziati siano disponibili ad alterare il loro sistema nervoso centrale per potenziare le proprie capacità potrebbe indurre ad avere una visione riduzionistica del funzionamento del cervello, come se la mente venisse completamente equiparata all’organo e i processi cognitivi a meri fenomeni fisico-chimico che avvengono all’interno delle cellule cerebrali. Forse è il momento di fermarsi a riflettere sui bisogni sempre più imperanti dell’uomo di primeggiare anche sul proprio corpo.
Redattore: Staff Dronet
Indirizzo: Osservatorio Regionale sulle Dipendenze Regione Veneto, ULSS 20
Email: info@dronet.org
 

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