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31-05-2007
Droghe e patologie psichiatriche: i disturbi mentali quali fattori di rischio e conseguenza dell'uso di sostanze; l'utilità di una “diagnosi precoce” del minore - Dal Dipendenze Verona Congress
Fonte: ORD Veneto
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VERONA - A distanza di pochi giorni dall'assemblea annuale degli psichiatri americani (APA) tenutasi a San Diego in cui Nora Volkov, direttore del National Institute on Drug Abuse (NIDA) ha esortato la comunità scientifica ad approfondire gli studi e le conoscenze in merito alla coesistenza sempre più frequente in un unico soggetto di patologie da uso e dipendenza da sostanze e disturbi mentali, oggi a Verona nel corso del congresso nazionale "Dipendenze: nuovi scenari e nuovi approcci", organizzato dal Dipartimento delle Dipendenze dell'Azienda ULSS 20 di Verona nell'ambito del Progetto Regionale Formazione Rete Informatica della Regione del Veneto, con il patrocinio del Ministero della Salute, del Ministero della Solidarietà Sociale e delle Nazioni Unite (Office of Drugs and Crime), alla luce dei più recenti studi e ricerche in materia è stato illustrato quanto i disturbi mentali possano costituire uno dei principali fattori di rischio per l'uso e la dipendenza da sostanze, ma anche le modalità in cui possono svilupparsi patologie psichiatriche in un soggetto quale conseguenza della ripetuta assunzione di droga. Fino al 60% dei giovani prova una o più droghe; di questi, la maggior parte ne fa uso temporaneo ma più del 20% ne diventa dipendente: perché? Perché è maggiormente “vulnerabile”, in ragione di fattori di rischio di natura bio-psico-sociale, fra i quali prevalgono alterazioni genetiche che portano a disfunzioni nel cervello della cosiddetta “cascata della gratificazione” e dei recettori della dopamina, predisponendo l'individuo alla ripetizione dell'uso della sostanza e a patologie di natura psichiatrica a esordio precoce quali disturbo dell'attenzione con iperattività (ADHD), disturbi dell'umore (depressione, ansia), disordini della condotta, disturbi dell'apprendimento, comportamento aggressivo, attaccamento disorganizzato, schizofrenia. Nel pomeriggio, in una relazione dal titolo "Vulnerabilità all'addiction: le prevenzioni" è stato spiegato come buona parte dei comportamenti anomali del minore che vengono sovente fraintesi da famiglia e scuola dando luogo a conflitti relazionali tradizionalmente considerati caratteristica del cosiddetto "disagio giovanile" sono probabilmente dovuti al disturbo da deficit dell'attenzione/iperattività, patologia che, se individuata nel minore problematico attraverso una diagnosi precoce con apposito screening (entro il 10° anno di età), può consentire un intervento adeguato e in tempo utile con trattamento a base farmacologica e supporto psicologico che, oltre a curare la patologia specifica, riduce significativamente il rischio dell'uso e dipendenza da sostanze, in quanto è noto che l'ADHD costituisce uno dei principali fattori di rischio che predispongono il giovane a un comportamento cosiddetto novelty seeking, sempre in cerca di esperienze forti e al limite della legalità quali l'uso di droghe e alcol. Secondo il modello della vulnerabilità, un soggetto ha maggiori probabilità di sviluppare un disturbo se è portatore di fattori di rischio non controbilanciati da fattori protettivi. I ragazzi che durante l’infanzia hanno sofferto di disturbi dell’attenzione e iperattività, disturbi della condotta, disturbo post traumatico hanno maggio probabilità di usare sostanze lecite/illecite nella preadolescenza. Di solito questi soggetti hanno genitori problematici che possono per esempio avere problemi di alcol o droghe. Dalle ultime indagini per esempio risulta che le donne che hanno fumato tabacco durante la gravidanza hanno maggior probabilità di avere figli con deficit attentivo rispetto alle donne che non hanno fumato. Le attività di prevenzione debbono dunque necessariamente essere rivolte ad ambienti quali l’ostetricia, la ginecologica, la pediatria. Si tratta di una rivoluzione nelle modalità di approccio alla prevenzione. Allo stesso tempo vi sono sostanze che con l'assunzione possono sviluppare nel soggetto disturbi di natura psichiatrica. Fra queste in particolare la cannabis, di cui studi sperimentali e ricerche hanno dimostrato la pericolosità per l'organismo, principalmente per l'effetto dannoso che questa ha sulle abilità cognitive e sul comportamento umano. La neurobiologia ha dimostrato che la ripetuta assunzione di cannabis compromette seriamente numerose funzioni cerebrali, fra cui le funzioni pre-attentive, l'attenzione automatica, l'attenzione sostenuta, il sistema esecutivo, il controllo del movimento oculare, le funzioni inibitorie, la memoria di lavoro, la memoria verbale, l'apprendimento; ed è noto anche che l’uso regolare di cannabis è predittivo e aumenta il rischio di schizofrenia e altri disturbi di natura psicotica di cui è stata dimostrata sperimentalmente una relazione biologica causale. E' di poche settimane fa la presentazione al meeting di Londra sulla salute mentale di uno studio condotto dai ricercatori del King's College che dimostra gli effetti psicotici temporanei dell'assunzione di cannabis, fra cui prevalgono allucinazioni e ideazione paranoide.
Redattore: Staff Dronet
Indirizzo: Osservatorio Regionale sulle Dipendenze Regione Veneto, via Germania 20 37135 Verona
Email: info@dronet.org
 

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